Ricordi d’infanzia stiglianese

Ricordi d’infanzia stiglianese

di Nicola Colangelo

Sono le 7,30, mamma entra nella nostra cameretta ed alza le tapparelle, la radiosveglia sul comodino si accende, “Tanta voglia di lei” dei Pooh addolcisce il risveglio. La tazza di latte con il Nesquik è già pronta. Mi lavo e mi vesto velocemente, metto il giubbotto e il cappello, prendo lo zaino e con mio fratello scendo velocemente le scale.

Mario, Salvatore e Giuseppe ci stanno già aspettando sotto casa per andare a scuola. Camminiamo vicini, in fila indiana per schivare le macchine che scendono dalla Rotonda, sembriamo un millepiedi.

Dopo diversi giorni ha smesso di piovere, stamattina è tutto grigio e cupo, c’è una nebbiolina fitta che ci avvolge e rende tutto più velato, comprese le luci delle automobili che si incrociano davanti al bar Leone, gli anabbaglianti di una 127 e il rosso degli stop di una Fiat Regata.

Ci fermiamo al forno di Peragine, l’odore del pane appena sfornato invade le mie narici e mi rimane appiccicato sui vestiti. In via Roma gli artigiani sono già all’opera per terminare i lavori settimanali, il fabbro Ciccio, caro amico di mio padre anche per la comune fede calcistica, il meccanico Giovanni, il falegname e il marmista: il rumore dei martelli e del tornio è sovrastato da quello dei freni dello Scuolabus giallo che si è appena fermato davanti al cancello.

Attraversiamo il corridoio dell’edificio ed entriamo nelle aule, come centinaia di formiche. Le maestre sono già in cattedra, pronte per l’appello. Barbarito, Berardi, Bisignano, Briamonte, Ciliberti, Colangelo, D’Aloia, Giannantonio, Lavecchia, Leone, Magariello, Malvasi, Morelli, Muzio, Oliva, Rinaldi, Ungolo, Viggiano: è la filastrocca che ci accompagna ogni mattina da cinque anni. Oggi siamo molto tranquilli, la maestra Titina ci sta spiegando la vita delle api, più tardi cominceremo a fare i lavoretti per la Pasqua.

Alla ricreazione divido con Gianni la focaccia al pomodoro, bella unta nella carta oleata, mentre i maschi della sezione B stanno giocando nel corridoio con una palla di carta avvolta nello scotch marrone da pacchi. Guardo dalla finestra gli alberi della foresta, sembrano delle sentinelle in divisa che proteggono la cima della montagna. Mi distraggo pensando ai lupi e alle aquile che vivono lì, a pochi passi da noi.
Suona la campanella, ci alziamo dai banchi stanchi ma contenti, è finita anche questa settimana. In fila per due ci avviamo verso l’uscita, come tanti passeri a cui hanno aperto le gabbie, anche noi adesso siamo liberi di volare via. Davanti alla scuola le macchine sono parcheggiate alla rinfusa e ci sono tanti genitori con gli ombrelli chiusi in mano.

Torniamo a piedi, in salita lo zaino è sempre più pesante. Suono il campanello, entro a casa. Mamma sta friggendo i Sofficini in cucina, papà è appena tornato, la tv è accesa su “Il pranzo è servito” di Corrado, fra poco inizierà il telegiornale. La prima notizia annunciata dopo la sigla è un omicidio a Palermo, c’è la foto di un’Alfetta con due morti dentro, io mangio velocemente i tortellini alla panna.

Nel primo pomeriggio mi tocca il catechismo, a maggio ci sarà la Prima Comunione.
Prendo il Vangelo tascabile sulla mensola della cameretta e mi avvio verso il Convento, a pochi passi da casa. Ci sono pure i miei amici Prospero, Innocenzo, Felice, però invidio quelli che vanno alla Chiesa Madre, Don Alberto è più simpatico della nostra suora. Le catechiste sono brave, ci insegnano i canti e ci spiegano i dieci comandamenti.

Il maestro Giuseppe Micucci e don Alberto Distefano

Guardo la ragazzina seduta di fronte, ma quanto è bella! Finalmente fuori dalla chiesa. Col pallone sotto il braccio si va al campetto. Oggi siamo fortunati, i ragazzi più grandi hanno appena finito. Li conosco tutti, a volte giochiamo insieme: Luciano, Pasquale, Antonio, Rocco, Angelo. Appoggiamo le giacche sulle sbarre di ferro e facciamo le squadre, Vincenzo, Nicola, Innocenzo e Alessandro da una parte, noi dall’altra, mentre i bambini più piccoli attendono trepidanti il loro turno.
Tiro, fuori, passaggio, gol, “passala dai!”, cinque a quattro, cinque pari, chi segna l’ultimo vince. Sporchi e sudati, rimettiamo i giubbotti e ci avviamo verso casa.
Prendiamo le scale e poi facciamo un tratto di via Carducci. Affacciate al balcone, le donne con il grembiule puliscono le scope alle ringhiere; costeggiamo il Parco-giochi e risaliamo verso Piazza Monumento. I negozi di via Principe di Napoli sono già aperti, il colorificio, il Sale e tabacchi, l’Alimentari di Barisano, la latteria; nella boutique di Boffoli dietro il distributore IP le due giovani commesse stanno vestendo i manichini. Nella palazzina di fianco c’è la sede di Radio Studio Gamma, si riesce a sentire la musica, Rent dei Pet Shop Boys. La finestra dello studio di zio Vito Capalbi è aperta, sbircio e lo vedo che sta fumando la pipa, la scrivania è piena di faldoni e il telefono sta squillando.

Andiamo all’edicola di Saetta, Prospero ha 200 Lire e compra due bustine di Calciatori Panini. Le apre speranzoso e noi curiosiamo attaccati a lui: “ce l’ho, ce l’ho, mi manca, mi manca, lo scudetto della Sampdoria, Gullit!!!”. Andiamo a vedere le due vetrine della cartoleria di Castiello, ci sono gli zaini Invicta, all’interno c’è l’espositore dei modellini Majorette, che bella quella Ritmo arancione.
Nel corso tre ragazzine passeggiano senza parlare, una coppia di fidanzati litiga ad alta voce, davanti ai portoni di via Cialdini i ragazzi infreddoliti, con le mani nelle tasche, osservano le macchine che fanno benzina da Baoss. Un gruppo di adulti cammina lentamente, ogni tanto si fermano e ascoltano attentamente quello più alto, che parla gesticolando.
Davanti al Centro Bar ci sono due macchine parcheggiate. La Renault 5 Turbo rossa di Vito, che è appoggiato allo sportello insieme a due amici, più avanti una Volvo bianca, dentro ci sono Peppe e Leonardo che fumano con i finestrini mezzi abbassati.
Nel bar di zio Peppe Oramai quattro persone giocano a carte e tre in piedi li osservano in silenzio, il Bar Sarubbi è già pieno di gente che sta giocando la schedina del Totocalcio, due clienti discutono, Juventus-Inter 1 o X, Fiorentina-Torino vince la Fiorentina, Milan-Verona 1, Napoli-Roma pareggio. Due cani randagi camminano schivando le persone.

Andiamo a vedere gli occhiali da sole da Caruso, belli i nuovi Ray-Ban, chissà se me li regalano alla comunione. Due clienti del barbiere spiano dietro la tenda, passiamo davanti alla Pasticceria di Tacca Tacc, l’odore dei savoiardi ci fa salire una fame mostruosa. Di corsa a casa di Angioletto, pane e Nutella per tutti.
La campana del convento suona forte e chiara, sono le sette di sera, vado a casa a fare il bagno, “ci vediamo alle otto per la pizza”. Mi fermo al negozio da nonna, mi dà cinquemila Lire. 2.000 Lire la Margherita, 1.000 Lire la Coca Cola, L.500 il coperto, bastano e avanzano. Mi metto i vestiti puliti, la felpa colorata, il gel nei capelli.
Passo davanti alla casa della preside, gli amici sono già al giardinetto. Beniamino o zio Gerardo? Zio Gerardo stavolta. Scendiamo le scalette, entriamo, che bel caldo, “buonasera!”, ci mettiamo nel tavolo in fondo. A Nicola esce la Coca-Cola dal naso, lo prendiamo in giro e ridiamo, quelli dei altri tavoli si girano verso di noi un po’ infastiditi.
Sono le nove e mezza, è troppo tardi, andremo domani alla Sala-giochi di Pierino, dopo la Messa. Ciao, ciao. Torniamo verso casa, io e Prospero facciamo un tratto di strada insieme: Ciao, Nico’, ciao Pro’, a domani.

Mamma e papà e i miei fratelli sono sul divano davanti alla tv, inizia il secondo tempo di Buldozer con Bud Spencer. Ed io sono felice.

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