Premio Letterario Carlo Levi XVII edizione

E’ stata ospitata nell’auditorium comunale di Aliano il 22 novembre la XVII edizione del Premio Letterario Carlo Levi. Presenti fra le tante autorità in rappresentanza delle Istituzioni locali, il sindaco di Matera, Salvatore Adduce, e il governatore lucano Marcello Pittella. In mattinata rappresentanti di studenti di alcune scuole superiori lucane hanno incontrato i vincitori del Premio, dando vita a un interessante dibattito. Nel pomeriggio, dopo la proiezione del tradizionale videoclip Le ragioni di un Premio, vi è stata la cerimonia della premiazione.
Gli autori che si sono imposti nel 2014 sono ancora una volta di assoluto prestigio. Fuori concorso è stato assegnato un riconoscimento a Claudio Martelli, che con l’opera autobiografica Ricordati di vivere ha fornito una significativa testimonianza di cinquant’anni di vita politica e civile italiana.
Per la sezione regionale è stato premiato Vincenzo Celano con L’animale a sei zampe, un romanzo antropologico in cui l’Infero Paese, che fa da cornice al racconto, rappresenta metaforicamente, nella prima metà del ‘900, un borgo lucano, dove la vita contadina scorre con grigia monotonia.

Premio Letterario Carlo Levi XVII edizione

Tutta la narrazione ruota intorno alla famiglia Anatrella, la cui saga vede protagonista Antonio, detto il Capitano, un massaro laborioso e perspicace. Le vicende sue e dei suoi numerosi parenti fanno rivivere con vividezza l’antico mondo contadino, alla cui rappresentazione corale concorre una folla non solo di persone, ma anche di animali. Fra questi ultimi spicca Ida, la giumenta del Capitano, che vive in simbiosi con il suo padrone e diventa appunto l’animale a sei zampe.
Ma sullo sfondo di una vita rutinaria, impastata di invidia e solidarietà, rancori e riappacificazioni, perfidia e bontà s’intravedono i più ampi orizzonti degli eventi nazionali, che toccano drammaticamente anche comunità dimenticate ed esistenze anonime: l’emigrazione oltreoceanica, le due guerre mondiali, gli sconvolgimenti sociali del dopoguerra.
Con questo romanzo l’autore, nato nel 1935 a Castelluccio Inferiore, un piccolo paese della provincia di Potenza, conferma le apprezzabili qualità di scrittura già manifestate ne La beccaccia e il professore, una raccolta di racconti in cui la caccia è solo il pretesto di una narrazione che vede felicemente combinarsi realtà e finzione. Di lui si ricorda anche una silloge poetica, Senza trucchi di finale, che colpisce per «l’asprezza espressionistica», con cui si rappresentano l’uomo e la natura.

Premio Letterario Carlo Levi XVII edizione

Per la saggistica nazionale è stata premiata l’opera Strategie di scrittura nella letteratura italiana. In ventidue capitoli, che propongono un lungo percorso critico dal XIII secolo ai giorni nostri, Ettore Catalano registra e analizza le molte, diverse e profonde trasformazioni della scrittura nella storia letteraria italiana, a partire da Dante, che osò misurarsi nella titanica sfida di esprimere l’ineffabile e, vincendo tale sfida, fondò la lingua e la letteratura nazionali, prima ancora che l’Italia fosse una nazione.
Dopo «aver attraversato la palude della retorica montiana», l’autore dedica pagine molto significative a Massimo D’Azeglio, che considera una personalità complessa e affascinante. Nel romanzo Ettore Fieramosca rinviene «una sorta di rivincita della scrittura come memoria epica» e nel saggio Ultimi casi di Romagna uno dei primi esempi di scrittura politica risorgimentale, che, per «il coraggio civile e il potere dell’opinione», è degno erede della grande tradizione rinascimentale.
Di grande significato sono poi le analisi di Luigi Pirandello e di Elio Vittorini, mentre gli ultimi capitoli sono dedicati a scrittori contemporanei, come Raffaele Nigro e Costanziano Serricchio, che hanno rappresentato nelle loro opere saghe e miti mediterranei attraverso una scrittura capace di comunicare le struggenti «suggestioni della malinconia di vivere».
Ettore Catalano, nato Bari nel 1946, già docente all’Università Aldo Moro di Bari, è ordinario di letteratura italiana presso l’Università del Salento.
Si è occupato in vario modo di autori “classici” dell’Ottocento e del Novecento, come testimoniano i titoli di alcune opere tra le più significative di una lunga e intensa attività critica, fondata su rigorosi criteri metodologici: Foscolo “Tragico” del 2000; La metafora e l’iperbole. Studi su Vittorini del 2007; El otro, el mismo del 2012.
Non ha mai trascurato, comunque, gli autori contemporanei e notevole interesse ha mostrato per la letteratura regionale, dedicando al tema interessanti saggi, come I cieli dell’avventura, o curando opere di grande respiro, come Letteratura del Novecento in Puglia e Narrativa del Novecento in Puglia.

Per la narrativa nazionale si è affermata Laura Pariani. La scrittrice, nata a Busto Arsizio nel 1951, vive gli anni dell’infanzia nella vicina Magnago, in un ambiente a quel tempo ancora contadino. A 15 anni compie con la madre un viaggio in Argentina, per cercare il nonno materno Cesare, mai più rientrato dopo essere partito dall’Italia 40 anni prima per motivi politici. Tale evento la segna sul piano umano e ispira pagine importanti della sua opera letteraria.
Conseguita la laurea in filosofia a Milano, la Pariani inizia a lavorare nel campo della pittura e del fumetto e nel tempo collabora a importanti giornali come La Stampa, Avvenire, Corriere della sera, Sole 24 Ore.  Dopo l’esordio nella narrativa nel 1993 con la raccolta di racconti Di corno o d’oro, pubblica molte opere, che le valgono importanti riconoscimenti.
Oltre a Nostra signora degli scorpioni, ancora fresco di stampa, a La perfezione degli elastici (e del cinema), a La signora dei porci, piace ricordare Milano è una selva oscura. E’ una commossa esplorazione della città attraverso gli occhi del protagonista Dante, un anziano e colto barbone. Questa guida eccezionale, la cui esistenza si conclude nel giorno della strage di piazza Fontana, ci accompagna nei meandri dei bassifondi sociali, mentre la città è percorsa dai fremiti inquietanti della contestazione giovanile, degli scioperi e della lotta armata.
La valle delle donne lupo, invece, è un avvincente romanzo antropologico. L’anziana protagonista Fenísia, ricordando la sua vita, racconta all’autrice «in un purpurrì di dialetto e italiano», impregnato di sapidi motti e proverbi, le dolenti storie e le suggestive credenze, di cui rigurgita un paesino perso fra i monti dell’alto Piemonte. Sono storie tanto più preziose in un tempo in cui la sopravvivenza della memoria è minacciata dall’illusione della modernità.
L’opera, con cui la Pariani si è aggiudicato il Premio Levi 2014, è Il piatto dell’angelo. Il titolo allude a una tradizione secondo cui nei giorni di festa si aggiungeva un posto a tavola per una persona lontana che, ospite atteso invano per lungo tempo, sarebbe potuto giungere in qualsiasi momento.
Come il nonno Cesare, dalla cui storia prende l’abbrivio una intensa narrazione. Questa si estende per tredici capitoli, segnati dal refrain, “Ieri è oggi”, chiave di lettura del drammatico fenomeno dell’emigrazione, che è sempre, oggi come ieri, sradicamento, lacerazione, violenza. Lo testimonia una serie innumerevole di storie strazianti: fughe di uomini e donne, dettate da mille ragioni, prima fra tutte una miseria disperante, accompagnate da sogni, destinati a svanire presto, e da dolori, destinati a durare per sempre.

Premio Letterario Carlo Levi XVII edizionePer la sezione riservata agli autori stranieri, dopo Dritëro Agolli un altro nome di grande prestigio internazionale: Tahar Ben Jelloun.
E’ nato nel 1947 a Fès, città santa adagiata in una fertile vallata del Marocco settentrionale e famosa per la sua medina, la parte storica della città araba, oltre che per essere sede della più antica Università del mondo.
Dopo gli studi di filosofia all’università di Rabat, si trasferisce in Francia e nel 1975 consegue alla Sorbonne di Parigi il dottorato con una tesi di psichiatria sociale sulle condizioni di vita e di lavoro degli immigrati nordafricani in Francia.
Si afferma, da allora, come uno degli intellettuali e scrittori più autorevoli con una serie sterminata di saggi, romanzi e poesie, scritti in lingua francese e tradotti in tutto il mondo. Basti ricordare L’estrema solitudine; Notte fatale; Dove lo Stato non c’è, una raccolta di racconti ambientati nel Sud dell’Italia; Il razzismo spiegato a mia figlia, un testo di grande valenza pedagogica, che è valso all’autore un riconoscimento dell’ONU.
Ben Jelloun, collaboratore in Francia del prestigioso Le monde e in Italia de la Repubblica e l’Espresso, recentemente si è fatto apprezzare anche come pittore, tenendo una prima mostra al Museo San Salvatore in Lauro a Roma e realizzando tre affreschi per il Museo di Lipari.
Emblematiche della sua intera produzione letteraria sono, oltre le opere già citate, i romanzi La réclusion solitaire, in italiano Le pareti della solitudine, del 1976, L’enfant de sable, Creatura di sabbia, del 1985 e Partir, Partire, del 2007.
Nel primo, un romanzo animato da una forte tensione civile e da rara potenza espressiva, Ben Jelloun tratta il tema dell’immigrazione. Immedesimandosi nel protagonista Mômo e condividendone le tristi condizioni di lavoratore e di malato, egli mostra come il mondo sia attraversato da una drammatica crisi globale, non generata dall’opposizione fra Nord e Sud, ma fra ricchi e poveri. E assegna alla letteratura non una funzione salvifica, ma l’irrinunciabile compito di «far riflettere e di dimostrare l’assoluta ignominia del razzismo».
Creatura di sabbia, invece, racconta la storia di Mohamed Ahmed. E’ una bambina, nata dopo sette sorelle, che il padre, un ricco vasaio, destina ad essere comunque “maschio”, per impedire il saccheggio del patrimonio accumulato. Questa identità, costruita e obbligata, produce effetti paradossali, turbamenti e violenze. Il libro, che è anche una vigorosa denuncia contro la condizione di subalternità delle donne, è caratterizzato da una narrazione polifonica ed onirica, sospesa fra invenzione, tradizione e memoria in una incantata atmosfera di fiaba orientale.
Partire, infine, è uno stupendo affresco realizzato con una narrazione densa e poetica. Tema dominante è il forte malessere dei giovani, impazienti di fuggire dall’Inferno del Marocco, maledetto dal cielo e violentato dagli uomini, per rincorrere i sogni nel chimerico eldorado d’Europa.

Angelo Colangelo

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