Pietro di Zupo – Parroco della chiesa di San Martino di Stigliano

Pietro di Zupo è stato annoverato e accreditato da alcuni dei più eminenti linguisti italiani fra gli autori dialettali di area meridionale più importanti. Parroco della chiesa di San Martino di Stigliano, cappellano di Iacopo della Marra (signore di Stigliano e genero di Lorenzo Acciaiuoli), verso la metà del Quattrocento trascrisse il codice miscellaneo che è l’odierno R2624, conservato presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze. Grazie ai contatti stabiliti dagli Acciaiuoli il parroco stiglianese ottenne i testi toscani che poi ricopiò nel suo manoscritto introducendovi molti tratti linguistici lucani e volgarizzando gli scritti su San Martino di Tours di Sulpicio Severo, lavoro compiuto intorno al 1439. Se la dedicazione della parrocchia spiega la scelta di alcuni testi, altre scritture presenti nel Codice fanno pensare ad una miscellanea motivata da curiosità personale. Il manoscritto si compone di quattro sezioni databili alla prima metà del XV secolo e scritte in tempi diversi. Le opere dell’autore Sulpicio Severo contenute nel Codice sono: la Vita di Martino; le Epistole; il Dialogo; il De fundatione ecclesiae Sancti Michaelis Archangeli; L’Excerpta de iure canonico. Il nome di Pietro di Zupo si legge al f. 74r, all’inizio del cap. XXVI : Abbiendo io per lungo tempo a drieto udite le vertudi di santo Martino e la vita e la fede sua, ardeva di desiderio d’andarlo a visitare e per questo mi misi in cammino. Et ancora perché già m’era entrata la voglia nell’animo di volere scrivere la vita sua, et ego eciam do· Pedro de Zupo prior eiusdem ecclesie scrixi, pensai in gran parte… Alcune notizie che lo riguardano si ricavano dalla supplica annotata al f. 26v : Supplicat S(ignoriam) V(estram) […] devotus orator Petrus de Zupo rector prior nuncupatus ecclesie sive cure Sancti Martini de Astigliano* Tricaricensis diocesis, devoti et humilis e(cclesie) S(ancte) filii Iacobi de Marra militis baronis baronie eiusdem locis capellanus, quatenus sibi specialem gratiam… Molti testi di letteratura citano o parlano più o meno approfonditamente dell’opera del parroco stiglianese, analizzandone la sintassi, la fonetica, ecc., giungendo perfino a definire, per certi utilizzi verbali, una sindrome di Pietro di Zupo, comune a molti traduttori medievali di area meridionale. I primi studi sull’opera di questo trascrittore, comunque, si devono a Mauro Braccini (Frammenti dell’antico lucano – 1964). L’interesse per San Martino da parte di Pietro di Zupo si deve all’esigenza di fissare la memoria storica di una esperienza di santità e alla necessità di disporre di una memoria per il culto. Martino di Tours (316-397) è il santo noto per l’incontro con il mendicante seminudo al quale donò metà del suo mantello. La Vita di Martino è l’opera fondamentale di Sulpicio Severo: capolavoro in senso cronologico e qualitativo letterario, della biografia ascetica ed episcopale nell’Occidente latino. E’ un brillante manifesto del più antico monachesimo latino, attraverso i fatti e le gesta di un monaco vescovo, taumaturgo ed evangelizzatore, maestro spirituale e confessore della fede. La ricchezza della cultura letteraria paleocristiana di Sulpicio si adatta così all’ideale di vita che fu, storicamente, quello di Martino: guardia imperiale divenuto soldato di Cristo, apostolo delle campagne, testimone della fede ortodossa e delle esigenze evangeliche, di volta in volta perseguitato dagli ariani e dai vescovi mondani, formato alle responsabilità dell’evangelizzazione, infine mediatore dell’ascetismo monastico. La Vita di Martino si estende per 27 capitoli, in ordine cronologico, con pause interpretative personali dei fatti che racconta. Inizia con l’infanzia di Martino, termina narrando il suo incontro con il Santo, già vescovo di Tours e ormai prossimo alla morte, e ne traccia il profilo spirituale che sarà un modello ideale per gli asceti di Gallia e d’Italia, a partire dalla fine del secolo IV.

Salvatore Agneta

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