Il Polittico di Stigliano, presentazione di una guida d’arte

 La D.ssa Annarita Tesser, fresca di laurea in Beni Culturali con una tesi su Simone da Firenze, ha aperto il dibattito offrendo un piccolo contributo. Ha preso poi la parola la D.ssa Carmelina Biscaglia  vicepresidente della deputazione di Storia Patria e referente scientifica dei beni storici, artistici e librari della Diocesi di Tricarico. La Biscaglia – pur incentrando la sua relazione sull’importante opera svolta dai frati dell’Osservanza in Basilicata – ha espresso grande ammirazione per il Polittico di Stigliano, considerandolo «un’opera scultorea e pittorica di grandissimo pregio che mi ha dato grande emozione nell’osservarla per la prima volta da vicino. Un’opera – ha proseguito la Biscaglia – sopravvissuta alle temperie dei tempi ma poco nota. Per questo va riconosciuto a Mimmo Cecere il merito di aver contribuito, attraverso questa guida d’arte, all’opera di sensibilizzazione e salvaguardia di un bene culturale molto importante per la comunità». A questo punto dopo un breve saluto del sindaco di Stigliano, Dr. Leonardo Digilio, tutti i relatori hanno preso posto sulle panche centrali della chiesa e dal centro della navata il prof. Mimmo Cecere (autore della ricerca), ha esposto la sua relazione, aiutandosi con un puntatore laser, per commentare l’opera posta sopra gli stalli del coro.
La piccola guida d’arte (formato 17X24 cm, pagg. 80, euro 20), consiste in un’accurata ricerca storico-artistica corredata da numerose immagini fotografiche elaborate al computer dall’autore. Dopo un lungo periodo di silenzio, il grande retablo di Stigliano si offre all’attenzione del pubblico, con una trattazione organica ed esauriente sia per la critica che per i semplici visitatori.
Il restauro della Chiesa Madre, conclusosi all’inizio del terzo millennio dopo un decennio di chiusura, e l’attenzione crescente per le opere d’arte in Basilicata hanno stimolato l’autore – originario di Stigliano ma da più di 40 anni attivo a Milano – a studiare e rendere visibile il grande polittico rinascimentale di Stigliano.
Lo studio dell’opera ha preso in esame i seguenti aspetti:
– inquadramento storico della sede in cui originariamente si trovava la grande pala;
– analisi delle decorazioni dell’intelaiatura e dello stato di conservazione del polittico;
– lettura iconografica delle figure scultoree e pittoriche;
– attribuzione dei dipinti della cimasa a Simone da Firenze, alla luce dei più recenti studi critici;
– lettura formale delle due coeve sculture lignee: la Madonna col Bambino e il gruppo della Sant’Anna Metterza.
Il grande polittico di Stigliano si trovava nell’antico convento di Sant’Antonio da Padova che sorgeva a nord-ovest del paese. Per le cattive condizioni dell’edificio, l’opera venne trasferita nell’attuale sede nel 1842. La grande pala d’altare non ha beneficiato, nel tempo, della giusta visibilità. Ignorata dal clero, dagli uomini di cultura e dalla popolazione in generale, l’opera è rimasta a lungo avvolta da un velo di oblio. Il lavoro di Mimmo Cecere ha il merito di aver disvelato questa importante opera d’arte del Rinascimento italiano, rendendone  accessibile la fruizione.

L’intelaiatura del polittico

«Il polittico della Chiesa Madre di Stigliano – ha ribadito l’autore – è, nel suo genere, l’opera più monumentale e ricca di decorazioni della Basilicata; s’impone sullo spettatore sovrastandolo. L’intelaiatura – priva della predella, che in origine doveva essere certamente presente – misura metri 5.45 di larghezza per metri 6.00 di altezza. La pala è conchiusa in alto da una cimasa ed è ripartita in basso da due ordini suddivisi in cinque registri verticali e 14 scomparti, al cui interno compaiono sia figure dipinte che in rilievo. Quest’ultime, allineate nella fascia intermedia, comprendono sei figure intagliate ad altorilievo (i quattro evangelisti e due putti reggicorona) e la statua a tutto tondo della Madonna delle Grazie, inserita nella serliana centrale. La struttura lignea occupa il 70% circa dell’intero polittico, mentre le parti dipinte soltanto il 30%.
A segnalare quest’opera, che rappresenta “una delle più impressionanti sopravvivenze in Basilicata della tipologia di pala d’altare che combina scomparti con figure dipinte e con figure intagliate”, fu Grelle Iusco  nel 1981.
Nel cartiglio centrale vi è inscritta la data di esecuzione dell’opera (il 1521) e il nome del committente (il duca di Mondragone Antonio Carafa che due anni dopo sarebbe diventato Principe di Stigliano, divenendo una delle più importanti casate del Regno di Napoli).
Il polittico è scandito da sei paraste, con decorazioni a candelabre, che fungono da scheletro strutturale e da cornici dei dipinti.
L’autore della monumentale intelaiatura sarebbe – secondo alcuni critici –  un maestro di scuola alamannesca».

L’autore dei dipinti

Prima del restauro, effettuato nel 1968 dalla soprintendenza di Bari, il polittico si presentava ricoperto di polvere e ragnatele. «Durante il restauro – c’informa l’autore – i dipinti sono apparsi in larga parte modificati da una radicale ridipintura che ha risparmiato parzialmente le figure effigiate nelle lunette della cimasa».
«Per motivi a noi ancora ignoti – ha sottolineato Mimmo – in Lucania si conservano opere di due pittori toscani la cui attività non è altrove documentata. Essi sono Bartolomeo da Pistoia, che lasciò il suo nome nel trittico della parrocchiale di Calciano del 1503, e Simone da Firenze, che invece ha lasciato molte opere. Simone è un esponente di quella cerchia di artisti che senza aver conquistato alcuna notorietà nel luogo d’origine, o nelle città culturalmente ed artisticamente più evolute, si afferma in periferia, in questo caso in Lucania, dove realizza gran parte del suo corpus pittorico; al punto da legare artisticamente il suo nome a questa terra.
Quale motivo spinse l’artista all’esilio dalla sua città Natale per isolarsi nella più giovane provincia francescana e al tempo stesso “selvaggia provincia del Regno”? Un interrogativo, al momento, ancora senza risposta».
A conclusione della sua appassionata relazione, davanti ad un pubblico attento e numeroso, l’autore ha espresso il suo rammarico per la scarsa cura che la comunità ha riservato al patrimonio architettonico, artistico e ambientale del paese e ha ribadito la necessità di stimolare lo studio, la conoscenza e la cura del paese e del paesaggio. «L’arte – egli ha concluso – oltre che strumento d’identità culturale può essere anche un valido mezzo di promozione territoriale».

 

Beatrice De Stefani

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