Il Papa apre ai divorziati? Due Cardinali a confronto

E’ uno dei nodi più ingarbugliati e dibattuti, dentro e fuori il Vaticano, non solo degli ultimi tempi. Quello della negazione al sacramento della Comunione che vige nella Chiesa Cattolica per i divorziati che vadano in seconde nozze. Dibattito tornato in auge in quest’ultimo periodo, per via di due Cardinali che hanno espresso pubblicamente posizioni opposte sul tema.
In tutti i Paesi in cui il divorzio è Legge dello Stato – in Italia dall’1 dicembre 1970, con  la Legge n. 890/70 passata alla storia come Legge “Fortuna”,  (ahimè un mio omonimo…) , per via del deputato primo firmatario della stessa, onorevole Loris Fortuna – tutti coloro che dopo il divorzio passano a seconde nozze, ovviamente con il solo rito civile, sono automaticamente estromessi dal sacramento eucaristico.
Ciò in virtù del canone 915 del Codice di diritto canonico, che così recita: «Non si ammettano alla Sacra Comunione gli scomunicati e gli interdetti dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena, e quanti dovessero persistere ostinatamente in un manifesto peccato grave».
Persistere ostinatamente in un manifesto peccato grave è la condizione di chi, stando all’attuale disciplina vigente nella Chiesa, avendo alle spalle un matrimonio validamente celebrato in Chiesa, si risposa dopo il divorzio trovandosi in una condizione valutata in termini di persistente adulterio.
Fin qui lo stato delle cose sussistente fino a oggi. Ma domani, potrà cambiare qualcosa?
Il dibattito su possibili scenari di cambiamento futuro è stato acceso di recente in materia dal Cardinale Walter Kasper, il più anziano fra i presenti all’ultimo Conclave per l’elezione di Papa Francesco. E lo ha fatto in occasione dell’ultimo Concistoro del 20 febbraio scorso, alla riunione cioè dei Cardinali  convocati a Roma dal Papa in seduta straordinaria e in vista del prossimo Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, in programma per ottobre prossimo.
Kasper è stato invitato dal Papa a fare una Relazione introduttiva, che doveva rimanere segreta a solo vantaggio dei Cardinali, ma che è stata resa nota per via di una  soffiata  fatta al giornale Il Foglio, che l’ha pubblicata a causa del carico di criticità che conteneva, a giudicare dal vespaio di polemiche insorto dentro e fuori le mura leonine del Vaticano.
La Relazione è stata molto lunga, ma in sintesi ciò che ha suscitato clamore è stato un passaggio della stessa contenente una sostanziale “apertura” alla Comunione per i divorziati risposati.
A Kasper ha fatto seguito la replica del Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, che si è espresso su posizioni antitetiche sul punto.
Ma entriamo nel merito del dibattito.
In un’intervista a Repubblica Kasper ha affermato: “La Chiesa può trovare una nuova strada affinché un divorziato risposato, dopo un periodo penitenziale, venga riammesso ai sacramenti. La mia non è una posizione lassista, bensì intende riconoscere come tramite la penitenza chiunque può ricevere clemenza e misericordia. Ogni peccato può essere assolto. Infatti, non è immaginabile che un uomo possa cadere in un buco nero da cui Dio non possa più tirarlo fuori”.
E ancora : “E’ il Papa a chiedere il dibattito, anche se c’è chi vuole fermarlo”, ha ammonito Kasper. Sottolineando che è vero che “la dottrina non può essere cambiata” ma “esiste uno sviluppo della stessa che va sempre tenuto in considerazione” e che “occorre anche distinguere bene fra ciò che è dottrina e ciò che invece è disciplina, laddove la disciplina può cambiare quando le situazioni mutano”.
Aprire alla Comunione ai divorziati oggi “non è contro la morale né contro la dottrina, ma piuttosto a favore di un’applicazione realistica della dottrina alla situazione attuale”.
In altri passaggi Kasper lascia intendere che bisogna considerare caso per caso, ad esempio essere misericordiosi verso coloro che il divorzio lo subiscono, invece di chiederlo.
Ricapitolando Kasper sostiene che la dottrina non può essere cambiata, ma che questa è una questione di disciplina, cioè di canoni del Codice, assolutamente modificabili, come del resto è accaduto con il passaggio dal vecchio Codice del 1917 al nuovo attualmente in vigore del 1983, che ha cambiato su diverse questioni la disciplina previgente.
Ma ciò su cui dissente il Cardinale Caffarra, in questa interpretazione di apertura al cambiamento, è proprio la  questione dottrinale. Per il Vescovo di Bologna le cose non possono cambiare sul punto, perché il suo contenuto è di dottrina evangelica, insegnata da Gesù in persona, come tale immutabile, e non solo norma disciplinare del Codice canonico. Dottrina secondo cui chi ripudia la propria moglie per un’altra commette adulterio.
Dalle colonne del Resto del Carlino il Cardinale Caffarra così si esprime: «Se la Chiesa ammette all’eucarestia – i divorziati risposati –  deve dare comunque un giudizio di legittimità alla seconda unione. È logico. Ma allora che ne è del primo matrimonio? Il secondo, si dice, non può essere un vero secondo matrimonio, visto che la bigamia è contro la parola del Signore. E il primo? È sciolto? Ma i papi hanno sempre insegnato che la potestà del Papa non arriva a questo: sul matrimonio rato e consumato il Papa non ha nessun potere».
E ancora: «A questo punto uno potrebbe domandarsi: e perché non si approvano le libere convivenze? E perché non i rapporti tra gli omosessuali?».
Queste le due posizioni in campo. Di fronte alle quali  mi sento di dire che la questione è complessa e di non facile soluzione. E’ un problema sentito da parecchi anni, presso il popolo di Dio che fa la Chiesa, e il merito di questo Papa è senz’altro quello di aver aperto al dibattito, cosa che in tempi passati era assolutamente utopistico.
Kasper dice, rispetto a coloro che difendono lo status quo : “Sono meno rigido nell’applicazione delle regole davanti a problemi concreti. Ecco perché è bene parlarne”.
Caffarra ribatte: «Non toccate il matrimonio di Cristo. Non si giudica caso per caso, non si benedice il divorzio. L’ipocrisia non è misericordiosa».
Sicuramente si è animato un confronto che ha generato due schieramenti, sia in seno al Collegio Cardinalizio che presso i fedeli.
Mi permetto di ricordare, in conclusione e al di là dei dibattiti, che la decisione finale spetta sempre al Papa, anche alla fine di un percorso che può essere sinodale dei Vescovi.

Giovanni Fortuna

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