Il “Caso” Matera

Matera sembra aver generato negli ultimi anni un fenomeno abnorme di fascinazione universale. Che è iniziato quando, nel 1993, l’UNESCO dichiarò patrimonio dell’umanità i Sassi, per lungo tempo considerati una “vergogna nazionale”. E si è accentuato poi, fino a raggiungere livelli parossistici, a partire dal 2014, anno della designazione della città lucana a capitale europea della cultura per il 2019.
Ora, nell’approssimarsi dell’anno fatidico, sarebbe giusto, se non doveroso, avere, da parte dei lucani in primo luogo, una conoscenza non superficiale di una vicenda, che è così complessa, per le sue numerose implicazioni e sfaccettature, da poter essere considerata un vero e proprio “caso”.
Un valido contributo, che molto aiuta a comprendere la storia e il contesto socio-culturale di un evento così straordinario, è offerto da un bel libro, ancora fresco di stampa, scritto a quattro mani da Felice Lafranceschina e Giovanni Caserta per i tipi de “Il Rinnovamento” di Torino. S’intitola appunto “Il «caso» Matera (1861-2019)” e, con postfazione di Antonio Serravezza, è corredato da pregevoli foto storiche e disegni, che risultano del tutto funzionali al testo.
La prima parte del libro è affidata a Felice Lafranceschina, ingegnere originario di Ferrandina ma da tempo trasferito a Torino, dove è stato cofondatore dell’Associazione “Carlo Levi” ed è Presidente del Circolo Culturale Lucano. L’autore indica la traiettoria storica, che hanno seguito Matera e l’intera Lucania-Basilicata dalla Proclamazione dell’Unità d’Italia fino ad oggi.
In un rapido ma efficace excursus vengono messi a fuoco gli snodi vitali della storia lucana nel contesto più ampio della storia nazionale. In particolare, l’autore dà risalto al tragico fenomeno del brigantaggio e alla questione meridionale. Di quest’ultima prende in considerazione anche i principali protagonisti: da Giustino Fortunato a Francesco Saverio Nitti, da Ettore Ciccotti a Guido Dorso, da Antonio Gramsci a Carlo Levi. Né tralascia di ricordare le ragioni e gli effetti del famoso viaggio del presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli nel 1902, che portò alla legge speciale per la Basilicata del 1904.
Lafranceschina tratteggia così il panorama, in cui si colloca la lettura critica che del “caso” Matera2019 dà, nella seconda parte del libro, Giovanni Caserta. Il noto critico e storico letterario, nonché materano doc, in sette tappe ripercorre, “sine ira et studio”, il cammino non sempre lineare e condivisibile, che ha portato la Città dei Sassi al sospirato traguardo di capitale europea della cultura. A tal proposito significativamente mette in evidenza già nel primo capitolo, “I Sassi come «fori contadini»”, il pensiero di Carlo Levi e il ruolo determinante che questi ebbe nel riscatto di Matera e della Lucania-Basilicata, rilevando:
“La penna, il cuore e la fantasia di Levi pittore, confinato nel 1935-36 ad Aliano, fecero il miracolo. Matera, per lui […] diventava la capitale del mondo contadino che, al di là delle grotte e nonostante le grotte, cioè la miseria, non poteva considerarsi ad un grado di civiltà inferiore rispetto a quella moderna, industriale e borghese. Nasceva, anzi, il mito di Matera capitale dei contadini, simbolo di una umanità eticamente ancora integra da salvare e da riversare, come lievito, nella civiltà industriale, corrotta e deviata dall’anarchia dell’individualismo”.
L’atteggiamento umano di Carlo Levi verso Matera e la sua ferma opposizione all’idea che i Sassi fossero distrutti o abbandonati in rovina rendono ancora più inaccettabile il fatto che quelle grotte, per secoli testimoni della fatica, della miseria e del dolore del mondo contadino, siano oggi svuotate della loro storia e trasformate in una molto discutibile location finalizzata a soddisfare le esigenze non proprio culturali di un selvaggio turismo di massa.
Nei successivi capitoli Caserta richiama, con una scrittura densa e coinvolgente, la costituzione del Comitato Scientifico, la preparazione dei due Dossier, l’approvazione da parte del Consiglio Comunale della Fondazione per Matera2019. E con un’analisi puntualmente documentata, lucida e coraggiosa fa risaltare le (poche) luci e le (molte) ombre di un percorso accidentato, contraddittorio e, soprattutto, irrispettoso della tradizione sociale e culturale di Matera e dei Sassi.
Emerge, pertanto, come si siano realizzate, con l’impiego di ingenti somme messe a disposizione dall’Amministrazione comunale e dalla Regione Basilicata, manifestazioni che hanno privilegiato l’effimero e l’appariscente, l’aspetto ludico e il puro divertimento. E hanno trascurato colpevolmente, invece, programmi che tenessero nel giusto conto i gravi problemi di una città e di una provincia sempre più tormentate da una preoccupante disoccupazione e da una forte emigrazione giovanile.
Sarebbe stato necessario – riflette Caserta non senza amarezza – impiegare tutte le energie e le risorse disponibili, per migliorare finalmente le infrastrutture e creare occasioni concrete di lavoro. Come riconosce lo stesso sindaco Raffaello De Ruggieri, il quale afferma con decisione che “o si risolve il problema del lavoro, soprattutto per i giovani o Matera2019 sarà stata un’occasione perduta”.
In definitiva, i provvedimenti adottati dai responsabili di Matera2019 non hanno finora inciso, e si teme che non possano incidere neppure in futuro, sullo sviluppo economico, sociale e culturale del territorio. Esiste, pertanto, il rischio reale che Matera e la Lucania-Basilicata, passato il tempo dell’euforia collettiva, si trovino tra qualche anno a dover evocare l’ennesimo sogno malamente svanito.

Angelo Colangelo

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