Chi è il personaggio che campeggia nello stemma di Stigliano? Navigando qua e là nel mondo del WEB sono “approdato” a molti siti che in maniera più o meno esatta accennavano alla storia di Stigliano. La cosa che salta subito all’occhio è quella a proposito della sua fondazione, o appartenenza, o conquista da parte di Tullus Hostilius, e quindi dell’origine del suo nome. Una costante su cui i più insistono non tanto per convinzione, ma per tradizione. Chi conosce un po’ la storia di Roma o voglia curiosare su qualche testo di storia romana sa o può facilmente verificare la falsità e l’inesattezza di tale tradizione. Tullus Hostilius; ? – 641 a.C., il re guerriero, fu il terzo sovrano di Roma. Il suo regno si contraddistinse per le continue guerre contro Veio, Alba Longa e contro i Sabini. Le sue vittorie avviarono le prime conquiste del territorio latino e il primo allargamento del dominio romano oltre le mura di Roma. A quel tempo le popolazioni della Lucania ignoravano o conoscevano appena l’esistenza stessa di Roma, figuriamoci quella di re Tullus Hostilius, figura peraltro alquanto leggendaria. Giuseppe Pennetti, autore di “Stigliano notizie storiche”, ci fa sapere che senza rimontare al periodo regio della storia romana, nel 251 d.C. ci fu un imperatore che si chiamava Gaius Valens Hostilianus Messius Quintus (230 d.C. – 251 d.C). Figlio dell’imperatore Decio, aveva un fratello maggiore, Erennio, insieme al quale fu associato all’impero dal padre nel 250 d.C.. Tuttavia l’erede designato di Decio era Erennio, il quale lo seguiva nelle campagne militari, mentre Hostilianus, ancora giovinetto, rimaneva a Roma. Durante una campagna contro i Goti sulle sponde del Danubio nel 251 d.C., Decio ed Erennio perirono nella battaglia di Abrittus. Sempre in quell’anno Hostilius fu nominato imperatore, ma poco tempo dopo, nel mese di novembre, moriva a causa della peste scoppiata a Roma. Un oscuro imperatore, dunque, che ebbe vita breve. Forse fu lui a possedere il fondo di Stigliano, o forse altri suoi parenti o più probabilmente una gens patrizia denominata Hostiliana. Tutto questo è troppo poco e fondamentalmente falso per poter affermare che la figura campeggiante nello stemma di Stigliano sia di Hostilius o di Hostilianus. Gli stemmi comunali nacquero nel periodo aragonese e dubito che a quel tempo fosse rimasta memoria di questi personaggi, ferma restando l’impossibilità oggettiva di un possibile legame, meritorio o di tradizione, fra questi e Stigliano. Ma allora chi è il personaggio raffigurato nello stemma del nostro paese? Eligio della Marra, Signore di Stigliano e Conte di Aliano, vissuto nel XV secolo, dice il Pennetti. “Lo stemma – scrive il nostro – se non ricorda nulla del passato, per lo meno esprime che il paese non è ingrato a chi gli fa del bene, perché prese per propria arme la figura di Eligio della Marra, che gli aveva arrecati benefizii, e forse fatte concessioni di franchigie”. Allo stemma è legata una leggenda che vuole Eligio uccisore di un drago che infestava le campagne del suo feudo. Ecco quanto ci dice ancora il Pennetti descrivendo lo stemma: “Guerriero su di un cavallo, armato di lancia. Base terra. Campo cielo. Il guerriero interamente ricoperto di armatura, con cimiero d’argento. A me pare che quest’arme fu presa dall’Università di Stigliano in memoria di Eligio Della Marra, dal quale il paese aveva avuto benefizii, e che vi era morto e sepolto. Forse in origine doveva anche esservi il drago ucciso da Eligio e che poi fu trascurato dal pittore in epoca posteriore. Ho visto un anello con pietra dura nella quale è inciso un guerriero, che uccide un drago, e che poteva essere un antico suggello dell’Università”. Alla testimonianza del Pennetti aggiungo quella del professor Villani il quale, mi riferiva di alcuni antichi documenti relativi all’Università di Stigliano, conservati nell’Archivio Storico delle Province Napoletane a Napoli, i quali riportavano un sigillo raffigurante un cavaliere mentre trafigge un drago. Quell’animale fantastico fu tolto dallo stemma in epoca posteriore, forse, perchè considerato solo una mera fantasia, o perché si volle erroneamente vedere in quel guerriero re Tullus Hostilius. Il drago, quindi, venne a perdere ogni significato e fu cancellato. Un drago alato e con lunga coda attorcigliata appare anche sul cimiero rappresentato sull’arma di Eligio della Marra, conservata attualmente nella sede Municipale di Stigliano, e che ci rinvia ad un’impresa del conte: la vittoria, attraverso opere di arginamento, sulle distruttive e letali piene dei fiumi Sauro e Agri, rappresentati simbolicamente dal drago. Una tradizione vuole che nello stemma di Stigliano sia rappresentato San Giorgio, sauroctono per eccellenza. Pare che San Giorgio, miracolosamente apparso al conte Eligio, gli spiegò che per arginare le scorrerie del drago doveva costruire una chiesa dedicata alla Madonna. La chiesa sarebbe diventata il confine fra il villaggio e le terre del drago; il limite che nessuno doveva oltrepassare per costruire case o coltivare campi, pena finire tra le fauci del mostro. E’ assai probabile che l’autore o gli autori di questa tradizione o leggenda abbiano tratto ispirazione dallo stemma stesso, tuttavia ci potrebbe essere un’altra ragione alla sua origine. Eligio Della Marra nel 1474 fece costruire il convento e la chiesa di Sant’Antonio da Padova in Stigliano, ora diruto, e la tradizione, supportata da qualche prova, gli attribuisce anche la fondazione del convento di Santa Maria La Nova che a quell’epoca sorgeva fuori le mura di Stigliano, all’inizio dei primi rilievi del monte Serra. La fondazione del convento, dunque, fu affidata ad una “leggenda” creata ad arte, e da cui traspare una precisa finalità da parte del clero, cioè quella di legittimare e di salvaguardare le proprietà terriere della Chiesa limitrofe al convento, attraverso un efficace metodo di dissuasione psicologica. Basti pensare che buona parte dei terreni del monte Serra erano proprietà ecclesiale, almeno fino al 1707, come risulta dal “Catalogo dei censi della Chiesa Madre di Stigliano” (documento conservato presso l’Archivio “L’urrrlo del colombo”).
Campanili fra storia, poesia e memoria
di Angelo Colangelo
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