Grande Sud presenta la lista a Stigliano

Grande Sud – Giovedì 7 febbraio alle ore 20:00 presso la sala Mariano di Stigliano apertura della campagna elettorale della lista Grande Sud, presentazione dei candidati alla Camera ed al Senato. C’è anche un nostro compaesano nella lista di Grande Sud tra i candidati in Basilicata. Il candidato stiglianese al Senato è Giovanni Pasciucco, tecnico di Acquedotto Lucano, si batte soprattutto per gli anziani che forse, più di chiunque altro hanno necessità di essere capiti e soprattutto ascoltati:
“Sono sceso in campo per realizzare qualcosa di concreto per la mia regione e per il mio paese. La nostra è una terra composta soprattutto da anziani e non capirli significa soprattutto ignorare il territorio. Inoltre, i nostri ragazzi vanno a studiare fuori e non tornano più poiché si rendono conto di poter vivere in luoghi dove i servizi sono di qualità piuttosto che nella nostra regione. I nostri devono essere voti utili, non voti che pesano come piume”.

Grande Sud: documento di riflessione politica sull’attualità della questione meridionale, in vista delle elezioni 2013

Parlare di Sud dovrebbe significare individuare strumenti, metodi, programmi, relazioni capaci di intrecciare le identità locali, i valori delle comunità, la legalità, le tradizioni, il territorio e l’ambiente, inteso come spazio vitale da proteggere e valorizzare. E’ l’identità stessa a trasformarsi in valore non solo culturale e sociale, ma anche economico.

a cura dell’On. Gianfranco Blasi

1. Grande Sud nasce per rimettere al centro del dibattito politico il Mezzogiorno

Ciò accade dopo una fase, lunga, in cui la questione meridionale è stata sostanzialmente derubricata dall’agenda dei Governi ed anche, più in generale, dai temi della riflessione culturale e della proposta politica. Nella fase più acuta della crisi economica, inevitabilmente il Sud e i suoi
problemi sono finiti fra le questioni non prioritarie, tra quelle meno urgenti, mentre si cercavano risposte ed interventi capaci di limitare i danni al sistema economico nazionale. La utilizzazione dei Fondi FAS per sostenere le misure di estensione degli ammortizzatori sociali, è apparsa, per certi versi, paradigmatica.
Ma la ripresa di attenzione del Sud non fa emergere, purtroppo, elementi di significativa discontinuità, rispetto al passato, non solo recente. Si avanzano proposte, peraltro a lungo attese ed ancora non definite; proposte di razionalizzazione, di innovazione, di rilancio; ma l’impressione è che si tratti di tentativi non all’altezza della complessità della questione, non in grado di avviare, finalmente, un percorso che consenta di raggiungere avanzamenti significativi.
In questo contesto nessuno dei vecchi partiti, finora, ha pensato che sia possibile superare in tempi brevi il dualismo del nostro sistema (promesse di soluzione immediate si sono rivelate assai  pericolose in questi decenni); ma è forte la sensazione che le linee proposte siano davvero insufficienti.

2. Grande Sud evidenzia le questioni centrali.

La coerenza tra misure dedicate e politiche generali, tema tanto più importante quando si tenta di costruire uno schema di federalismo; anche se il governo Monti ha allontanato la democrazia rappresentativa dal sistema delle autonomie locali, provocando una sterzata centralista a 360 gradi, in barba al Principio di Sussidiarietà vericale. Parlare di Sud dovrebbe significare individuare strumenti, metodi, programmi, relazioni capaci di intrecciare le identità locali, i valori delle comunità, la legalità, le tradizioni, il territorio e l’ambiente, inteso come spazio vitale da proteggere e valorizzare. E’ l’identità stessa a trasformarsi in valore non solo culturale e sociale, ma anche economico. Da ciò la necessità di innovare gli strumenti; un solo esempio per tutti: gli incentivi. Si continua, in una sorta di accanimento terapeutico, a sostenere e privilegiare gli incentivi automatici, nonostante il bilancio fallimentare di questa politica: risultati scarsi o poco percepiti, in termini di sviluppo e di occupazione; diseducazione ad una corretta cultura imprenditoriale; scarsissimi argini alla corruzione. Non si tenta di recuperare il senso vero degli incentivi che, accanto ad interventi di tipo fiscale, necessariamente ed utilmente generalizzabili, non possono che avere una gestione discrezionale e selettiva. C’è bisogno di innovazione per gli strumenti, c’è bisogno di qualità, senza la quale, la quantità è inutile.

3. Grande Sud vuole ridare al Mezzogiorno la sua identità

Non appaia paradossale che, mentre la politica stancamente di tanto in tanto riafferma la centralità del Mezzogiorno, con formule di rito che non tentano neppure modeste innovazioni semantiche; mentre non vi sono idee significative e progetti innovativi, nel Paese avanza una onda lunga di
contrapposizione politica, culturale e sociale, sul tema del Sud, che per la sua profondità e radicalità, rischia di essere la vera novità di questa fase. La contrapposizione, spesso violenta nei toni è espressa anche da grandi opinionisti; ma soprattutto, appare diffusa, fortemente in crescita, in ambienti sociali, imprenditoriali e culturali. Monta la percezione – e la denuncia – della inutilità di dare soldi al Sud, incapace di spenderli e, soprattutto di spenderli bene. Questa percezione trova
un puntuale riscontro in una rappresentazione sostanzialmente asimmetrica del Sud: sprecone, corrotto, inaffidabile, preda facile della criminalità organizzata. In questa rappresentazione manca del tutto un Sud normale ed oggi dignitosamente più povero, con cittadini e istituzioni, con reddito e risorse più scarse, con qualità della vita meno alta. Italiani operosi, che non sono adeguatamente rappresentati: e purtroppo, la politica guarda poco a loro, perché impegnata in un’operazione diversa: investire nella contrapposizione. E’ su questi presupposti culturali e pratici che nasce Grande Sud. Non possiamo e vogliamo dimenticare la denuncia dei torti subiti, degli stanziamenti promessi e mai tradotti in erogazioni; del modo contraddittorio di calcolare la distribuzione territoriale delle risorse; del fatto che le risorse comunitarie sono di fatto, da tempo, sostitutive delle spese ordinarie; del modo iniquo ed oggettivamente insostenibile con cui vengono assunti i parametri per i trasferimenti dallo Stato alle regioni e ai Comuni. Ormai siamo all’asfissia del denaro pubblico. Le denunce su questo versante sono numerose e spesso qualificate. Hanno di solito l’effetto di sorprendere, di lasciare persino increduli nel breve periodo, tanto sono contraddittorie rispetto alla opinione corrente. Ma, alla fine, non riescono ad incidere sulla pubblica opinione. Le due posizioni si contrappongono, duramente; riemergono nelle occasioni in cui ufficialmente si da conto dell’immutabile livello del “divario”. E’ l’occasione per alcuni per confermare che i soldi sono dati al Sud inutilmente; per altri che i soldi sono pochi. Chiaramente il persistere di queste posizioni non consente di individuare soluzioni adeguate: esse risultano utili e produttive nell’alimentare rancori facilmente quotabili al mercato “basso” della politica, ma non producono risultati incoraggianti..

4. Grande Sud sottolinea che la vera voce del Mezzogiorno sono i suoi cittadini

Le due posizioni che si fronteggiano hanno certamente, ciascuna, una buona dose di verità. Ma la questione prioritaria non è quella di definire la responsabilità, quanto quella di definire una politica efficace, plausibile e il più possibile condivisa. La prima mossa, secondo Grande Sud, quella capace di spostare più in alto il dibattito ed il confronto, spetta ai meridionali che hanno il dovere di
denunciare i limiti delle politiche nazionali, ma che devono intestarsi con rigore e con forza, la denuncia delle loro responsabilità. Anzi, per primi e con grande determinazione devono sottolineare i limiti delle istituzioni meridionali, le incongruenze dei comportamenti e gli sprechi.
Devono essere in prima linea nel subordinare l’ entità dei trasferimenti alla qualità ed alla efficacia degli interventi. La denunciata, innegabile, storica, incoerenza delle politiche nazionali
rispetto al Sud, non si supera con un aumento degli stanziamenti straordinari; la virtuosità delle Regioni non si deve misurare con il livello di spesa impegnato ed erogato, ma con la efficienza e la
trasparenza degli interventi. Aver assunto il livello di spesa dei fondi europei come parametro di efficacia delle amministrazioni ha portato a non poche distorsioni nei livelli di progettazione, nella qualità dei controlli, negli stessi meccanismi amministrativi e contabili. La possibile discontinuità in termini culturali e politici si realizza lavorando più su strumenti ed obiettivi che sulla quantità di risorse, assumendo fino in fondo, coraggiosamente, una posizione che giudichi negativamente il trasferimento di risorse finanziarie straordinarie che non trovino una destinazione efficace, selettiva e trasparente.

5. Grande Sud crede sia necessario un cambio di passo per le politiche del Mezzogiorno

Un cambio di passo e di intensità difficile anche perché capace di mettere in discussione i meccanismi di consenso nel Sud: ma anche in grado di far prevalere una corretta logica della domanda di sviluppo, rispetto al criterio del prevalere della offerta indiscriminata, generica e deresponsabilizzante. Una discontinuità capace di modificare i toni del dibattito nazionale che
renderebbe allo stesso tempo, più forti ed autorevoli le posizioni meridionalistiche, e scopertamente strumentali, le posizioni contrarie ad un rinnovato impegno dello Stato per il Mezzogiorno.
La globalizzazione ha spostato la produzione dei beni elementari verso paesi emergenti ove i costi di produzione sono inferiori a quelli europei. Fingere di non comprendere questo dato rischia di indebolire e segnare negativamente la possibilità di crescita. I pochi consumi si orientano però sempre di più verso la qualità. L’innovazione tecnologica, supportata dalla ricerca applicata,
immediatamente a ridosso e sostegno dell’impresa, rende competitivi i sistemi. Il nostro paese, con la sua rete fitta di piccole e medie imprese, deve tendere all’eccellenza per sposare la tendenza dei consumi emergenti. L’internazionalizzazione delle imprese è il passaggio indispensabile per essere competitivi. La reciprocità dei know – how, la combinazione dei fattori, le partnership saranno decisive e selettive. Chi non si adeguerà a questo sistema sarà destinato a scomparire dai mercati. In questo contesto il mezzogiorno appare in ritardo. La crisi ha accelerato il processo di espulsione di imprese e lavoratori a scarso contenuto di innovazione. Non c’è più lo spazio per produzioni tradizionali e per imprese ancorate a vecchie visioni. Gli alti tassi di disoccupazione, la mortalità d’impresa sono il segnale evidente della necessità di un inversione a 360 gradi per promuovere un nuovo mezzogiorno. In questo contesto esistono le condizioni affinché alcune aree di eccellenza e alcuni centri produttivi di qualità già presenti nel mezzogiorno possano risultare punto di attrazione per ricercatori, imprese ed investimenti.

6. Grande Sud propone quindi un tavolo di confronto completamente diverso

Maggiore assunzione di responsabilità da parte dei meridionali, maggiore capacità autocritica, più forte coerenza nei comportamenti; individuazione comune degli obiettivi e capacità di innovare negli strumenti. Il Mezzogiorno si riconosce nel paese e contribuisce a dare ruolo al sistema nazione con i suoi fermenti culturali, sociali ed economici, uscendo da una “frammentazione regionalista” e recuperando una sua dimensione d’insieme. Così potrà approcciare all’Europa. Il Nord non può essere spinto verso il corridoio franco – tedesco producendo una scissione del territorio nazionale che aprirebbe gap incolmabili. Serve un’idea italiana del come posizionare il paese nel contesto europeo. In questo senso la coesione nazionale parte dalle nuove consapevolezze del Mezzogiorno. I punti fermi, che Grande Sud mette al centro di tale impostazione, dovrebbero essere:

– una maggiore attenzione al Mezzogiorno che funziona, pur nelle difficoltà, evitando che le politiche assumano a riferimento le patologie e le patologie diventino il cuore della domanda di sviluppo;

– un modo realistico di discutere di federalismo: la nostra posizione è che il federalismo può costituire una opportunità per le Regioni del Mezzogiorno, nel senso di una accentuazione del processo di responsabilizzazione. Tuttavia bisogna superare una stagione fatta di improbabili mediazioni di stampo ideologico e di un deficit di proposte operative sensate e plausibili, soprattutto sul piano fiscale; Le sparate di Maroni sul gettito fiscale da mantenere in gran parte al Nord sono propagandistiche, irrealistiche e banali; – il rifiuto di nuovi strumenti speciali: Agenzie, Cabine di Regia o altro, allontanano la primaria esigenza di ragionare, soprattutto, di politiche ordinarie;

– una ferma e intransigente lotta alla corruzione, al clientelismo e alle mafie, intese sia come criminalità organizzata che come strumenti di adesione culturale al malaffare.

7. Grande Sud propone di assumere le seguenti priorità

– piano straordinario per il recupero dell’obbligo scolastico, particolarmente accentuato e socialmente disastroso;

– impegno a rafforzare i centri di ricerca, pubblici e privati, ed in generale tutti i soggetti capaci di trattenere ed attrarre giovani intelligenze al Sud: non si tratta di bloccare la fuga dei cervelli, obiettivo incomprensibile in un mondo globalizzato, ma di puntare ad un saldo zero tra giovani che vanno via e giovani che vengono al Sud;

– anche a tal fine ripensare globalmente gli interventi del Fse, troppo sbilanciati verso la formazione professionale tradizionale, che spesso diventa uno strumento per una sorta di compensazione per il lavoro che non c’è;

– una verifica del funzionamento e delle esigenze degli uffici periferici delle Amministrazioni centrali dello Stato, a partire dalla Magistratura e dalle forze dell’ordine;

– una maggiore attenzione al problema del lavoro e dell’economia sommersa: è difficile immaginare di avere una politica di promozione dello sviluppo che ignori un terzo circa del sistema produttivo. Accanto alla necessaria opera di repressione, occorre sviluppare mirate politiche di promozione, selezione, accompagnamento capaci di consolidare le esperienze “recuperabili”;

– modificare il sistema di incentivi, individuando criteri automatici di erogazione, ma discrezionali nella selezione. Accanto ad una agevolazione fiscale (ovviamente automatica) da concentrare sull’IRAP  occorrerebbero meccanismi di valutazione capaci di individuare i programmi imprenditoriali innovativi. Pensare ad automatismi ed all’affidamento alle Banche dell’attività di valutazione è una fuga dalle responsabilità amministrative;

– semplificare per quanto possibile, le procedura del FESR;

– individuare alcuni interventi infrastrutturali urgenti e su essi concentrare la eventuale spesa straordinaria.

8. Grande Sud vede il Mezzogiorno in una posizione strategica: al centro del Meditteraneo

Implicita o esplicita che sia, prevale, a proposito del mezzogiorno, l’idea di una faticosa distanza, di una qualche irrimediata marginalità. Di una lontananza dal “centro”, ovunque quest’ultimo venga ad essere situato: a Roma, a Milano o a Berlino. Sappiamo che la lontananza tradotta sul piano socio- economico si trasforma facilmente in “lentezza”, “arretratezza”, “ritardo”. Se al tema della distanza si aggiunge quello del “transito”, del passaggio, lo spazio meridionale rischia di trasformarsi in barriera. Ma il Mezzogiorno non può essere questo. Vi è un’indiscussa centralità storica del Mediterraneo che va recuperata. Una centralità che ha riguardato le vicende delle grandi civiltà, che lo ha visto fulcro del più vasto fra gli imperi, e poi terreno di lotta fra le più grandi religioni, in ogni caso, sempre luogo di transito e di contaminazione di uomini, merci e culture. Plasticamente l’idea di un Mezzogiorno “corridoio” del mediterraneo si coniuga con l’esigenza di una politica di messa in rete dell’Europa con il Nord Africa e il Medio Oriente. E sono le vie di terra e le vie di mare a rappresentare la genesi delle nuove opportunità, i “cunicoli” dell’espansione, Spazi, vie che ci renderanno partecipi, consapevolmente protagonisti, delle “nuove relazioni” entro le quali il Mezzogiorno potrà collocarsi. Si tratta di definire le direttrici della riaggregazione meridionale, per contrastare i due nemici storici del Sud che fin qui abbiamo provato a descrivere: la disgregazione interna e l’isolamento. Così si rende esplicita l’idea di una nuova decisa infrastrutturazione, attivata attraverso una intelligente e selettiva allocazione delle risorse finanziarie. Sono gli assi e i nodi del sistema territoriale meridionale a dover essere individuati e rafforzati per sciogliere definitivamente la contraddizione che si apre tuttora fra perifericità e integrazione, fra marginalità e messa in rete, in una logica che non può che essere sovra-regionale e sovra-nazionale, e che deve per forza di cose commisurarsi su scala mediterranea ed europea.

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