“Caro Papa, perché te ne sei andato?”

Ci sono parole che soltanto i bambini possono trovare. Lo sanno bene genitori e insegnanti che sono quotidianamente alle prese con la spontaneità disarmante del mondo dei piccoli. “Papa, perché ti sei dimesso? Mi mancherai …” “Caro angioletto, proteggi Benedetto!” ”Un girotondo di saluti da tutti i bambini al Papa più buono del mondo!” E ancora: “ Sei il nonno di tutti i bambini.”  Sono solo alcune delle letterine che l’Ospedale “Bambin Gesù” di Roma, farà recapitare a Benedetto XVI. Sono state realizzate dai piccoli malati del Pediatrico situato in cima al “Gianicolo”, nei momenti trascorsi in ludoteca, e forse avranno l’effetto di strappare qualche lacrima di commozione al Papa affaticato. L’11 febbraio scorso, alle ore 11.40, nella duplice ricorrenza dell’anniversario dell’apparizione della Madonna di Lourdes, del 1858, e della firma dei Patti Lateranensi, del 1929, il Papa ha rilasciato una dichiarazione in lingua latina destinata a suscitare, in poco tempo, uno stupore planetario: “… declaro me ministerio renuntiare ita ut a die 28 februarii MMXIII, hora 20 sedes Romae …”. È bastato capire questo passaggio, alla giornalista dell’Ansa Giovanna Chirri,  di un lungo discorso indecifrabile e programmato per altre faccende, perché appena 7 minuti dopo, alle ore 11.47, la notizia fosse già data in pasto al pianeta tramite il web: “IL PAPA LASCIA IL PONTIFICATO”. Ricordo che io ero in pausa pranzo, alle 12.10 circa, quando ho attinto la notizia dal mio smartphone, e quasi mi andava di traverso! Mentre sono qui a scrivere ho dovuto interrompere un attimo, perché il passaggio solenne di cui sopra è sopraggiunto e meritava un mio religioso raccoglimento dinanzi alla storia: l’orologio segnava le ore 20 del 28 febbraio 2013, e dunque ho cominciato l’articolo che c’era ancora un Papa in carica e lo sto continuando adesso che la sede papale è diventata vacante! La cosa straordinaria, di questo passaggio, è la modalità “anomala” in cui è avvenuta, perché il Papa regnante fino alle ore 20, prima dall’attuale “vacatio”, non è passato a miglior vita, come normalmente è successo in questi 2000 anni di storia della Chiesa, ma per rinuncia del Papa in carica! Tecnicamente è errato parlare di dimissioni del Papa, perché queste si rassegnano sempre nelle mani di un superiore, ma non esiste un superiore del Papa all’interno della gerarchia ecclesiastica. Volutamente ho scritto “è successo” e non “succede”, perché credo che questa regola sia destinata ad essere disattesa anche in futuro, a vantaggio di un’emulazione del gesto di Joseph Ratzinger, che io a questo punto ritengo saggia. Già, perché quello che sembrava a caldo, qualcosa di scioccante, sconvolgente e destabilizzante, per la Chiesa pellegrina sulla terra, è diventato, mammano che passavano i giorni e si metabolizzava lo “tsunami”, quanto di più sapiente e previdente potesse accadere, per il bene della Chiesa universale. In questo, credo, risieda la grandezza del  Papa da ora “emerito”: non tanto e non solo per il coraggio e l’umiltà di aver riconosciuto i propri limiti senili – in un mondo in cui sempre più dilaga il peccato luciferino di sopravvalutazione di sé – quanto anche e soprattutto per la lungimiranza profetica di saper guardare al bene futuro della Chiesa, che necessita di un vicario di Cristo in terra al massimo dell’efficienza e del vigore anche fisico, per tenere ben saldo il timone della barca di Pietro. Ho letto molti delatori di Ratzinger, in questi giorni, che si sono piombati come avvoltoi, con argomenti inconsistenti, contro la “grande rinuncia”. A questi rispondo affermando che il primato della libertà di coscienza, vigente nella teologia cattolica, impone il rispetto di entrambe le scelte, tra loro antitetiche, degli ultimi due papi! Io stesso sono uno di quelli che di primo acchito ha ritenuto, sull’onda emotiva ed erroneamente, un gesto catastrofico dalle sfumature apocalittiche, quello della rinuncia di Ratzinger … ma è stato lui stesso a convincermi, con il trascorrere dei giorni e con i suoi interventi chiarificatori, che chi ha fede non può non confidare nel fatto che Gesù è il Signore della storia e non l’uomo – a differenza di quanto affermava il presocratico Protagora – e che dipende da Lui e non dalle nostre miserie umane il sempre rifiorire rinnovato della sua Chiesa in terra. Non ci resta che confidare nell’ascolto, da parte del Collegio Cardinalizio, del soffio dello Spirito che si eleverà in Conclave.

 Giovanni Fortuna

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