Anatomia del memoriale leviano

Anatomia del memoriale leviano
di Nicola Coccia

Non è facile scrivere l’anatomia di un memoriale. Non è facile perché presuppone la conoscenza approfondita dei fatti e degli antefatti. Ma anche il dietro le quinte. Raro è poi sezionare la materia dal di dentro, come un palombaro che con la sua attrezzatura si cala negli angoli più scuri e meno illuminati.
Eppure nel caso di Miscellanea leviana. Il “Cristo”, Aliano e la Lucania (Giannini Editore, 134 pagine, 12 euro) l’operazione è riuscita ad Angelo Colangelo. È riuscita perché ha incontrato e intervistato protagonisti e testimoni del Cristo si è fermato a Eboli. Ha setacciato archivi. Ha ricostruito vite. Ha scritto libri su Levi che solo un appassionato studioso può fare.
È riuscita perché l’autore è nato in quella terra. E perché ci ha vissuto. Per 22 anni, poi, è stato il professore di centinaia di ragazzi. Proprio ad Aliano, il paese dove il fascismo confinò Carlo Levi. A generazioni di studenti ha fatto leggere il Cristo si è fermato a Eboli. E ne ha fatto anche scrivere.
Angelo Colangelo – per chiudere il cerchio – ha sofferto e soffre l’emigrazione, a cui è stato costretto insieme alla sua famiglia. Certe volte, nei suoi scritti, trapela la nostalgia per la sua terra, ma anche il dispiacere di vedere i giovani della sua regione abbandonare la Lucania per andare a studiare o a vivere a Napoli, ma anche a Milano, Torino, Parma, Firenze.

Riflessioni sul saggio “Miscellanea Leviana”
Miscellanea Leviana il “Cristo”, Aliano e la Lucania – di Angelo Colangelo

Questa “Miscellanea”, dunque, è il frutto di un amore nato, per gioco, più di sessant’anni fa. Quando, scolaretto delle elementari, imparava a sillabare le parole in una gara con un cugino suo coetaneo, “il suo cugino gemello” Giambattista Capalbi. Nella vetrina paterna i due bimbetti, fra le varie copertine, lessero: Carlo Levi L’orologio. Tornavano poco quelle parole. Si chiesero se ci fosse per caso qualche errore. Era più esatto dire: Carlo leva l’orologio. Poi domandarono al genitore e questi spiegò autore e titolo.
Da allora Angelo Colangelo non ha più smesso di studiare e approfondire il volume del Cristo si è fermato a Eboli. Leggendo e rileggendo, si è posto domande alle quali ha trovato una risposta anche dopo anni. Quel libro, il più importante del dopoguerra, non lo ha mai abbandonato. Ne conosce perfino il numero dei personaggi citati dall’intellettuale torinese: 238 per essere esatti.
C’è, per esempio, il racconto dei fischi che accolsero Levi a Tricarico in occasione del suo comizio in vista delle elezioni per la Costituente e del referendum fra Monarchia e Repubblica, attraverso le parole di un testimone oculare, Antonio Martino. Fischi che l’intervento di Rocco Scotellaro – del quale quest’anno ricorre il centenario della nascita, ma ormai siamo più vicini al settantesimo della morte avvenuta il 15 dicembre 1953 – riuscì a fermare. Solo allora Carlo Levi potè parlare. In quell’occasione l’antifascista torinese incontrò per la prima volta Rocco Mazzarone, che si presentò così: “Medicaciucci, nipote di don Trajella”. E Levi rispose: “Allora siamo colleghi”.
C’è, per esempio, il racconto della sepoltura di Carlo Levi ad Aliano, o meglio delle ragioni che spinsero i familiari a scegliere la Lucania come ultima dimora dell’antifascista piemontese. I nipoti di Levi, Giovanni, ma anche Guido Sacerdoti, per molti anni presidente della Fondazione Carlo Levi, hanno ripercorso le tappe di quel periodo che si concluse 20 giorni dopo la morte di Levi.
Ma le curiosità, le riflessioni, le notizie, nel libro di Colangelo spaziano a tutto campo: il Risorgimento, il brigantaggio, la realtà e la finzione letteraria, le donne del Cristo, il paesaggio, la poesia del confino, la Lucania prima dell’arrivo di Carlo Levi e la Lucania dopo il suo arrivo. Ma anche quella di oggi.

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