Cerro ed agrifoglio sposi per il “Maggio di San Giuliano”. Un sodalizio arcaico, celebrato fra la domenica di Pentecoste e il martedì successivo con l’innalzamento al cielo della “coppia”. Accettura Cerro ed agrifoglio pronti per il matrimonio. Ad Accettura è il sodalizio dell’anno. Il “Maggio di San Giuliano” (così ribattezzato in onore del Santo Patrono ndr), il rito arboreo lucano per antonomasia. Tant’è. Un sodalizio ancor fedele al suo arcaico “schema” d’origine, celebrato fra la domenica di Pentecoste e il martedì successivo con l’innalzamento al cielo della “coppia” nell’anfiteatro naturale di Largo San Vito. Un copione che si ripete a partire dal lontanissimo 1725 quando – in paese – iniziò a manifestarsi il culto per il giovane dalmata martirizzato durante la persecuzione dell’imperatore Antonino Pio in Italia. Mentre solo dal 1796 la venerazione per San Giuliano si “coniuga” col rito pagano del “Maggio”, già annoverato fra le 47 più suggestive feste (Fetes du Soléil ndr) in auge nei Paesi bagnati dal mar Mediterraneo.

Per l’orgogliosa felicità del popolo accetturese, che proprio intorno al Maggio ritrova le sue radici. Di edizione in edizione. E in ogni singola fase. Dalla selezione dello sposo nella domenica in Albis – quando il massiccio tronco di cerro, alto oltre 20 metri, viene prescelto e marchiato ad “arte” dagli “addetti ai lavori” nel bosco di Montepiano, per – poi – essere abbattuto nella mattinata domenicale dell’Ascensione – alla scelta della “Cima”, nella foresta demaniale di Gallipoli – Cognato, fissata per la domenica seguente a quella in Albis sul calendario cristiano. Fino all’innesto e alla scalata del “Maggio”, passando – ovviamente – per il trasporto in paese delle due specie arboree abbattute. La chioma portata a spalla dai cosiddetti “cimaioli”, mentre il grosso fusto trasportato da pariglie di buoi di razza podolica, agghindati di ginestre e specie floreali di stagione.