A Rocco Brancati – Caro amico, ti scrivo …

Ciao, Rocco. Non è trascorso un anno da quando ci hai lasciati. Mi sembra ieri. O, forse, un secolo fa. Non so. Sono ancora frastornato. E ancora non mi sembra vero, anche perché continuo a pensarti e a parlarti tutti i giorni.

Ci eravamo salutati con l’affetto di sempre nella piazza vuota, fredda e semibuia di Tricarico, la sera del 7 dicembre 2017, con la promessa di rivederci in estate. Magari a Stigliano, in compagnia del professor Aldo Mario Toscano, mantenendo fede ad un impegno mancato nell’estate precedente, con grande rammarico di tutti e tre.
Dopo esserci scambiati gli auguri di Natale, ci risentimmo ancora. Infine, avemmo una lunga conversazione telefonica, mentre con la tua cara e inseparabile Luciana ti recavi ad Aliano in occasione della visita del direttore degli Uffizi, Eike Schmidt. Mi esprimesti il tuo rammarico per la mia assenza. Avendo il vivavoce, mi invitasti poi a tenerti compagnia. Così viaggiai, idealmente, con te fino ad Aliano. Lasciammo Potenza sotto la neve e per tutta la durata del viaggio parlammo di tante cose. Non ci eravamo mai intrattenuti così a lungo al telefono e sì che i nostri contatti telefonici erano frequenti e, talora, non brevi. Come potevamo presagire che sarebbe stato il nostro ultimo colloquio? Dopo pochi giorni, purtroppo, mi raggiunse la notizia che eri in ospedale e che ti era stato diagnosticato un male terribile. Fu un autentico fulmine a ciel sereno.

Ricordo che talvolta mi chiamavi, o ti chiamavo, senza un motivo preciso. Solo per il piacere di sentirci. Una mattina mi telefonasti a Parma dal Gran Caffè di Potenza solo per dirmi che avevi appena visto Peppuccio Dibello, un mio caro amico dei tempi del liceo, e insieme avevate ricordato simpaticamente persone e fatti di tempi ormai lontani.
Qualche mese prima, in una delle tante tappe del tuo continuo frenetico girovagare per l’adorata Lucania, mi avevi consentito di salutare Ennio Ielpo, mio professore di storia e filosofia in prima liceo. Non lo avevo mai sentito per oltre cinquant’anni. Solo tu, Rocco, eri capace di compiere siffatti miracoli. Perché avevi il raro dono di essere in empatia con le tante persone in cui t’imbattevi per motivi professionali. E che non tardavano a volerti bene, perché percepivano immediatamente la genuinità dei tuoi sentimenti e la tua grande umanità.
Abbiamo avuto modo, nel tempo, di scambiarci le nostre idee su tanti fatti e ci siamo confidati ricordi e sentimenti, che puntualmente tornavano a galla nei momenti più impensati, in occasione dei nostri incontri a Potenza, a Matera, o altrove.

A Stigliano mi raggiungesti telefonicamente da Policoro nell’estate di tre anni fa per dirmi che eri dispiaciuto perché era passata l’estate, senza che ci fosse stata la possibilità di vederci. Aggiungesti che volentieri saresti venuto quel giorno, per salutarmi prima che io ripartissi per Parma. Ti risposi che ne ero felice e che, essendo io impegnato di pomeriggio per la presentazione di un libro di Umberto Montano nel contesto della manifestazione della Festa del Bentornato, sarebbe stato bello se fossi intervenuto anche tu. Ti consultasti all’istante con Luciana e mi desti subito la tua disponibilità.
Fummo ospiti dell’amico Emilio Disisto, dove tu familiarizzasti immediatamente con tanti ospiti che vedevi per la prima volta. Dopo un po’ sembrava che vi conosceste da sempre. Intervenisti poi alla manifestazione con grande soddisfazione degli amici dell’ANSPI. E’ superfluo dire che le tue interviste ai premiati furono magistrali. Ti fermasti anche per la cerimonia della premiazione. Andasti via alle due di notte. Eri stanco, ma contento di aver trascorso una bella giornata fuori programma.

Una sera di gennaio del 2010, invece, credo di essere stato l’unico in tutta Roma a benedire uno sciopero dei mezzi pubblici, che aveva paralizzato la città. Quella contrarietà, infatti, ci indusse a raggiungere a piedi l’albergo presso la stazione Termini dalla sede della Dante Alighieri in piazza Firenze, dove eravamo stati impegnati in un interessante convegno su Carlo Levi con il compianto Guido Sacerdoti. Parlammo un po’ di tutto, di politica e di letteratura lucana. E tu, come sempre, ti rivelavi una miniera inesauribile di preziosissime informazioni di prima mano.

Ci incontravamo, comunque, soprattutto ad Aliano, il paese verso il quale entrambi abbiamo nutrito un affetto profondo. Affiorano spesso nella mia mente i ricordi del tuo importante intervento ad un convegno su “Carlo Levi e Tonino Guerra” e due magistrali conduzioni, di una diretta sulla rete nazionale della RAI e della manifestazione del Premio Letterario “Carlo Levi” nell’autunno del 2016. Indimenticabile anche la tua testimonianza per l’80° anniversario dell’arrivo di Carlo Levi nel paese dei calanchi. In quella occasione mi fu affidato il compito di intervistare te, Michele Placido e Raffaele Nigro. Quando si dice che nella vita possono capitare le cose più strane ed impensate!

Brancati Rocco

Ma un altro momento alianese mi piace ricordare, perché rivela emblematicamente la tua grande generosità. Nell’agosto di oltre dieci anni fa, fosti invitato a presentare il mio libro sulle migrazioni. Eri oberato di impegni, ma promettesti che avresti fatto di tutto per non mancare. E, infatti, non mancasti.
In quella occasione ebbi conferma di un altro tratto distintivo della tua persona. Eravamo in procinto di trasferirci nel salone della scuola elementare, dove era stato programmato l’incontro, quando Tonino Colaiacovo, sindaco dell’epoca e carissimo amico di entrambi, improvvisamente ebbe una delle sue genialate: perché non cambiare programma e fare la presentazione all’aperto, nell’atrio di Palazzo Colonna, appena ristrutturato? Io, apprensivo per natura, non nascosi le mie forti perplessità, perché mancava solo mezz’ora all’inizio; tu, sempre tranquillo e fiducioso, non solo desti il tuo assenso con olimpica serenità, ma incoraggiasti l’idea. Fu una bella serata nella suggestiva cornice dello storico palazzo alianese. Verso la fine, con grande semplicità mi sussurrasti all’orecchio: “Angelo, bisogna aver fiducia delle persone che meritano fiducia”. Non aggiungesti altro, ma compresi il senso del tuo stringato ma eloquente messaggio, che spesso aggalla nella mia mente.

Brancati Rocco

Rocco, mi rendo conto che avrei voluto e dovuto parlare di ben altro. Della tua lunga, intensa e impareggiabile attività di giornalista, di scrittore, di docente universitario, che per molti anni ti ha visto testimone privilegiato o protagonista delle vicende culturali della nostra amata Lucania-Basilicata. E che aveva fatto di te l’archivio vivente della memoria storica della nostra regione e il sacro custode della lucanità. Sono stato, invece, colpevolmente sopraffatto dall’onda lunga dei ricordi e ne è venuto fuori un messaggio frammentario ed anomalo. Te ne chiedo scusa e sono sicuro che mi perdonerai, perché saprai leggere tra le righe. Comprensivo come sempre, con la tua disarmante e sorridente bontà.

Angelo Colangelo

Seguici sui social

1,667FansMi piace
92FollowerSegui
1,210IscrittiIscriviti

Leggi anche

Leggi anche ...
Related

Ricordi d’infanzia stiglianese

Ricordi d’infanzia stiglianese di Nicola Colangelo Sono le 7,30, mamma entra...

Frustuli di storia e letteratura lucana

Frustuli di storia e letteratura lucana di Angelo Colangelo Recentemente in...

Carnevale nella montagna materana

Carnevale nella montagna materana di Angelo Colangelo Anche nei paesi della...

Un Politico stiglianese del tempo che fu

Un Politico stiglianese del tempo che fu di Angelo Colangelo Salvatore...