Stigliano 1528-1529

Nel 1528, durante il secondo conflitto per la supremazia politica in Europa tra l’imperatore Carlo V d’Asburgo e il re di Francia Francesco I di Valois-Angouleme, si colloca l’episodio dell’invasione del Regno di Napoli da parte dell’esercito francese guidato da Lautrec. Giovan Francesco della Magna (o d’Alemagna), nel marzo del 1528, si impadronì del principato di Stigliano tolto ad Antonio Carafa, rimasto fedele all’imperatore Carlo V, e che in quel momento si trovava in Calabria. Della Magna si autoproclamò principe di Stigliano, e, investito da Lautrec della carica di governatore della Basilicata, a Stigliano fissò la sua residenza e il suo quartier generale. Qui ricevette l’omaggio dei baroni e delle università della regione. Come capoluogo della Basilicata e sede del governatore, Stigliano divenne per i francesi un centro politico e una piazzaforte importante, inoltre la sua posizione geografica permetteva il controllo territoriale di una vasta parte della Basilicata. Questa importanza aumentò quando i francesi la inclusero nel numero di presidi creati al fine di contrastare le bande che gli spagnoli avevano armato e organizzato nel Regno per impedire i collegamenti tra l’esercito di Lautrec che assediava Napoli, e le forze franco-venete che tenevano saldamente buona parte della Puglia.

Nel maggio 1528, Simone Romano, al soldo dei francesi, durante l’assedio di un castello in terra di Calabria catturò Antonio Carafa. Trattato con tutti i riguardi, il principe si scusò con buone maniere di non essersi dichiarato subito in favore di Francia, e attraverso alcune lettere manifestò la sua affezione verso re Francesco I a Giovan Francesco della Magna e a Lautrec. Nell’agosto del 1528, dopo la disfatta dell’esercito francese a Napoli e la resa di Aversa, alcune città della Puglia, della Basilicata e della Calabria rimasero l’ultimo baluardo della resistenza franco-veneta all’imperatore Carlo V. Durante la controffensiva imperiale il marchese di Vasto inviò in Basilicata 5.000 soldati. Ai primi di marzo del 1529, le truppe di Fabrizio Maramaldo occuparono Montepeloso, Montescaglioso, Grottole, Ferrandina e Craco. Gli ultimi due sono centri vicinissimi a Stigliano, ma quest’ultimo non viene citato nelle fonti. E’ difficile pensare che Stigliano, città simbolo in quanto sede del Vicerè, capoluogo della Basilicata e presidio francese, in tal senso sia stata ignorata. La sua occupazione da parte degli imperiali tramite un’azione di forza avrebbe dimostrato che, preso il centro di potere, presto sarebbe stato facile far capitolare l’intera regione o quei paesi di essa ancora in mano ai francesi. L’assedio e la presa di quella terra, seguiti da una punizione esemplare, avrebbero piegato il morale e la resistenza dei francesi e dei ribelli ancora asserragliati negli altri centri lucani. Gli imperiali, inoltre, dovendo recuperare le città della Puglia ancora in mano alle forze franco-venete, avrebbero evitato il pericolo di lasciarsi alle spalle focolai di resistenza dai quali sarebbero potuti partire aiuti verso il nemico e rappresaglie nelle loro retrovie.

Stigliano, infine, avendo fama, a torto o a ragione, di essere la capitale di uno dei più ricchi principati del Regno, rappresentava sicuramente una preda ambita per i mal pagati mercenari che combattevano nell’esercito imperiale. L’occupazione di Stigliano, per mano del Maramaldo o di altri, avvenne comunque, infatti Jacopo Morra, barone di San Severino, e il fratello Gian Michele Morra, barone di Favale, sconfortati, prendevano atto, insieme ai loro alleati, della grave perdita di Stigliano da parte dei francesi e rinunciavano a resistere preferendo la via dell’esilio. Nel marzo del 1529, dunque, Stigliano veniva recuperata dalle truppe ispanico-napoletane. Il governatore della Basilicata, allora, riparò in Barletta dove si trovavano gli ultimi baroni e i capitani rimasti fedeli ai francesi. Tra questi vi erano l’ex principe di Stigliano, Antonio Carafa, e il capitano Simone Tebaldi detto il Romano. Nel novembre 1529, dopo la pace di Cambrai, seguì la consegna della città all’imperatore. Della Magna riparò a Roma e poco dopo se ne tornò in Francia. Il Carafa, a causa del suo voltafaccia, fu processato e condannato per tradimento e venne privato del suo feudo per la seconda volta. Tuttavia, maneggi e corruzioni coi ministri imperiali, gli garantirono il riottenimento del titolo e dei feudi, ma sotto il pagamento di una rilevantissima somma di danari che fu pari al valore stesso dei suoi possedimenti.

Le campagne del Regno, tuttavia, rimasero preda di banditi e di soldati sbandati. Gli eletti di Sant’Arcangelo e di Roccanova presentarono nel 1545 al principe di Stigliano un memoriale per l’esenzione da alcune gabelle, scrivendo che 15 anni prima, essendo i paesi stati saccheggiati e bruciati, furono abbandonati, e che da poco si stavano ripopolando. Nel 1575 il principe Luigi Carafa, figlio di Antonio, autorizzava la ricostruzione di Porta Castello a Stigliano, danneggiata durante gli eventi del 1529.

 

Salvatore Agneta

 

 

 

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