Ricordo di don Paolo Scavone, un caro curato di campagna

Il miracolo di una telefonata
Può capitare che una serata banale si trasformi miracolosamente e regali momenti di grande emozione. A me è successo l’altra sera, quando mi è giunta, inattesa, la telefonata di Nicola Chiechi, già dirigente dell’Amministrazione Finanziaria e docente presso la Scuola Superiore del Ministero di Economia e Finanza, ancora oggi fortemente impegnato a Lucera nel campo sociale e del volontariato cattolico.
Ho avuto modo di riascoltare la sua voce a distanza di circa mezzo secolo, ma tanti anni di un lunghissimo silenzio non hanno costituito un diaframma tra noi e la nostra conversazione è ripresa spontanea, come se avessimo smesso di parlarci il giorno prima. I ricordi si sono accavallati tumultuosamente, richiamando alla mente fatti e persone mai dimenticate.
Innanzi tutto Nicola ha ricordato affettuosamente, con altre persone a me care, mio padre e mia madre, essendo stato egli ospite del nostro piccolo albergo di famiglia durante il periodo della sua permanenza a Stigliano, a partire dal 1966, come direttore dell’Ufficio delle Imposte, detto volgarmente “Dazio”.
Mi sono perciò volentieri adoperato per assecondare il desiderio di Nicola di far pubblicare, preceduta da una mia nota esplicativa, questa sua bella testimonianza su don Paolo Scavone e su altre persone, che conferma il profondo rapporto che ancora oggi lo lega alla comunità stiglianese. Mi sembra un omaggio straordinario non solo alla cara memoria del buon prete che tanti di noi ancora ricordano con affetto, ma a tutta la comunità stiglianese.

Angelo Colangelo

 

Ricordo di don Paolo Scavone, un caro curato di campagna

don Paolo durante la celebrazione di un matrimonio a Gannano
don Paolo durante la celebrazione di un matrimonio a Gannano

Sono trascorsi più di trent’anni dalla scomparsa di don Paolo Scavone, ma i ricordi sono sempre impressi nel mio cuore.
Conobbi don Paolo quando molto tempo fa giunsi a Stigliano per motivi di lavoro. Ero giovane e all’inizio non riuscivo ad ambientarmi in questo grosso centro montano del Materano, sia per il clima invernale al quale non ero abituato, sia per gli usi e i costumi che si presentavano in questa mia nuova esperienza.

Ma con il passare dei giorni e man mano che conoscevo persone e cose, mi resi conto che quella gente, che in un primo momento mi era sembrata chiusa e diffidente, si mostrava invece molto accogliente e ospitale. Fui contento anche perché feci amicizia con altri miei conterranei della provincia di Bari, come le famiglie Peragine, Paccione, Cappiello, Lacetera, che da tempo erano residenti a Stigliano.
Una delle persone che si rivelò subito disponibile nei miei confronti fu don Paolo Scavone, allora sacerdote preposto presso la borgata di Gannano. Era un vero “curato di campagna”, con quella particolare e povera zimarra che sarebbe certamente piaciuta a Giovanni Maria Vianney e a don Tonino Bello.
Don Paolo fu per me un amico sincero, sempre vicino nei momenti di bisogno con un messaggio di speranza e fiducia. Durante la mia permanenza a Stigliano furono tanti i momenti belli trascorsi insieme, allietati dall’affetto e dalla reciproca stima. Nel tempo libero non mancavano escursioni nei boschi circostanti, soprattutto nelle stagioni in cui assumono vari colori, tonalità e profumi.

 

don Paolo Scavone
al Centro don Paolo Scavone, a sinistra Antonio Cirillo, a destra Giovanni Lacetera

Ricordo che la piacevole compagnia di don Paolo era richiesta da una miriade di giovani, che gli volevano tanto bene. Egli si intratteneva assiduamente con Giovanni Lacetera, Antonio Cirillo, Salvatore Capalbi, che diventarono naturalmente anche miei amici. Don Paolo trovava sempre uno spazio per coinvolgerci nella recita del Santo Rosario, con una particolare coroncina che aveva portato da Lourdes e che teneva costantemente tra le sue mani.

Era rispettoso e umile nei confronti di tutti, molto stimato dai superiori e confratelli. Ricordo, tra gli altri, don Alberto Distefano, don Vincenzo Alderisio, don Giacomo Polidoro e don Mimì Cecere, il più giovane, parroco di Gorgoglione. Erano tutti bravi sacerdoti ma, naturalmente, diversi tra loro, con peculiarità proprie. Spesso don Paolo mi parlava di S. E. Mons. Vincenzo De Chiara, anch’egli stiglianese e allora Vescovo di Mileto, al quale era legato da fraterna amicizia.

Don Paolo, che si recava a Gannano e in altre borgate, come Serra di Croce, quasi quotidianamente con qualsiasi mezzo di fortuna e con molti sacrifici – ricordo che erano soprattutto i dipendenti dell’Ente Riforma a dargli volentieri un passaggio – era sempre pronto e felice di sostituire i confratelli nelle loro parrocchie di Stigliano in caso di qualche breve assenza.

Si vedeva più spesso in compagnia di don Alberto, con il quale trascorreva momenti di spiritosa allegria. Egli avvertì molto il dolore per la prematura scomparsa del caro e indimenticabile don Giacomo, che fu una grave perdita per tutti.
Quando don Paolo per alcuni giorni non si vedeva in paese, eravamo certi che in quel momento si trovasse a Lourdes, presso la Grotta di Massabielle, dove si recava frequentemente, per chiedere conforto e grazie anche per tutti coloro che si erano rivolti a lui per l’intercessione della Santa Vergine.

Sono, dunque, davvero tanti i ricordi che mi legano a questo Santo sacerdote, ma in particolare ripenso ai momenti della celebrazione della Santa Messa a Gannano, la domenica. Allora la chiesetta era sempre piena di parrocchiani, accorsi numerosi dai vari poderi e anche dalle vicine frazioni di Caprarico e Bufalara. Nelle omelie sapeva celare qualche difficoltà oratoria, esponendo un brano del testo sacro con semplicità e chiarezza.

Ricordo che in quella chiesa di campagna – sempre ben curata dall’umile sacerdote e ora purtroppo fatiscente – vi era una bella statua di Maria Ausiliatrice, ai piedi della quale don Paolo immancabilmente sostava in profonda meditazione. Questi, che poteva a prima vista sembrare un sacerdote superficiale, era invece molto profondo e aveva una particolare capacità nel far conoscere la vita dei Santi. E così, grazie a don Paolo, incominciai ad innamorarmi di don Bosco, di Domenico Savio, di Mamma Lucia e della bella figura di Maria Ausiliatrice. Mio figlio, che è nato presso l’ospedale di Stigliano, a quei tempi molto organizzato ed efficiente, porta il nome di Domenico Savio.

Don Paolo spesso mi raccontava che, sin dai primi tempi del Seminario, aveva una grande aspirazione di diventare Missionario. Era stato costretto alla rinuncia per motivi di salute; i suoi superiori lo avevano sconsigliato. Da allora Santa Teresa di Gesù Bambino, Patrona delle Missioni, diventò la sua compagna e guida, sempre! Dopo alcuni anni, trovandomi a Lisieux davanti alla tomba della piccola grande S. Teresina, il mio primo pensiero andò al caro amico sacerdote stiglianese, ormai scomparso, che l’aveva tanto amata.

don Paolo Scavone
Mons. De Chiara con don Alberto e don Paolo Scavone a Gannano

Don Paolo, che ad alcuni appariva culturalmente meno dotato rispetto ad altri sacerdoti, possedeva invece delle eccellenti doti, che al momento giusto sapeva manifestare, trasmettendo briciole di saggezza; sapeva trovare sempre una parola di conforto per i più deboli e per gli ultimi. A me ripeteva spesso: “Quando ti trovi in difficoltà, chiedi sempre l’aiuto dello Spirito Santo, come faccio io”.

Mi chiedeva più volte di accompagnarlo dal Vescovo di Tursi-Anglona, Mons. Secondo Tagliabue, suo padre spirituale. Ero contento di assecondarlo, anche perchè avevo fatto anch’io conoscenza con questo Prelato, che aveva un particolare senso di umanità. Ricordo la grande amarezza di don Paolo quando seppe che il Vescovo era stato colpito da un malore durante una funzione religiosa presso una Parrocchia della Diocesi; si parlò di un ictus e fu ricoverato presso il Policlinico di Bari. In seguito ci recammo più volte presso il reparto di neurologia di quell’ospedale, dove ci rendevamo sempre più conto delle gravi condizioni in cui versava l’amato Vescovo. Per don Paolo quello fu un momento molto duro, anche per la paura di perdere una vera guida spirituale.

Don Paolo si recava frequentemente anche dal Vescovo di Tricarico, allora Mons. Bruno Pelaia, ed io spesso ero felice di fargli compagnia. Ebbi così la possibilità di conoscere ed apprezzare la esemplare figura di questo Vescovo. Era sempre pronto e disponibile nel dare aiuto e conforto a quanti si rivolgevano a lui; fu molto vicino anche a me in qualche momento difficile della mia vita. Come è noto, fu prima valido coadiutore di Mons. Raffaello Delle Nocche e, a seguito della sua morte, fu nominato Vescovo della Diocesi. Era un uomo colto e molto buono, amato e stimato da tutti. Le sue spoglie riposano nella cripta della Cattedrale di Tricarico.

Sempre grazie a don Paolo, presso la Diocesi di Tricarico ebbi modo di approfondire la vita del Venerabile Mons. Raffaele Delle Nocche, per il quale egli aveva una particolare devozione. In quel periodo, presso il Convento di Santa Chiara, conobbi anche alcune Suore discepole di Gesù Eucaristico, dalle quali don Paolo era molto stimato.
Il 25° anniversario di sacerdozio il buon prete lo volle festeggiare a Lourdes; da quella località mi giunse l’immaginetta che per l’occasione riportava la seguente frase: “…al triplice giglio: al Papa, all’Ostia Consacrata, alla Vergine Immacolata”.
Quando andai via da Stigliano, provai molta amarezza per essermi allontanato dal mio amico Sacerdote e da tante altre care persone brave e laboriose le quali, proprio perché legate alle radici della loro terra, sapevano trasmettere frammenti di vita di notevole rilevanza.

L’ultimo saluto di don Paolo mi giunse da Lourdes; sul retro della cartolina, che conservo tra i tanti ricordi, c’era scritto: “…l’unico al mondo che può colmare ogni affetto è quel grande attaccamento alla Madonna Immacolata”.
Appresi con ritardo della sua scomparsa, avvenuta il 30 maggio 1982, e il dolore fu grande, anche per il rammarico di non essergli stato accanto in quegli ultimi momenti di sofferenza. Sapevo che da tempo le sue condizioni di salute lo avevano veramente provato ed egli, schivo e riservato com’era, si era ormai rifugiato a vivere e a soffrire in solitudine e con dignità.

Si era spento così tra riflessioni e preghiere, con la coroncina del Santo Rosario fortemente stretta nelle sue mani. Sono convinto che in quei momenti trovava un grande conforto nella Santa Vergine Immacolata e nella sua mamma terrena Lucia, dalla quale non si era mai distaccato, anche dopo molto tempo dalla sua scomparsa.
In questi ultimi anni, quando ebbi modo di conoscere Mons. Francesco Zerrillo, già Vescovo di Tricarico e successivamente trasferito presso la Diocesi di Lucera, dove vivo da molti anni con la mia famiglia, il Presule mi disse che a Stigliano aveva sentito parlare molto bene di don Paolo Scavone, quell’umile prete di campagna tanto amato dalla sua gente, anche se non lo aveva conosciuto personalmente.

Dopo molto tempo sono ritornato a Stigliano, preso dalla nostalgia di quella terra magica e piena di fascino, alla quale tuttora mi sento profondamente legato. Naturalmente, la sosta in preghiera davanti alla tomba fredda e arida di don Paolo per me è stato un momento di grande commozione e ho pensato che certe persone, veri esempi e modelli di vita, meriterebbero che siano valorizzate e che non cadano nell’oblio.

Nicola Chiechi

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