L’ORRORE E LA SPERANZA

Padre Giuseppe Francesco Diruggiero – Con la mostra dedicata a Padre Giuseppe Francesco Diruggiero (FOTOREPORTER) la sua storia, la guerra, gli scatti al fronte (1915 –1918), “L’angolo della memoria” intende partecipare attivamente alle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Ricordare oggi un personaggio che nel cratere del primo conflitto mondiale ha avuto il coraggio e la serenità di fotografare un’immane tragedia con sguardo limpido e realistico, evitando però di indugiare sul sangue e le mutilazioni, rappresenta motivo di orgoglio.
La guerra con i suoi riti e i suoi armamentari si commenta da sola. Le trincee, i cannoni, i militari in colonna non ci parlano d’altro.
Appunto Padre Diruggiero non si è lasciato catturare dall’iconografica bellica. Ma ha puntato il suo obbiettivo sui volti, sugli sguardi, su quelli uomini pronti a tutto ma con ancora una barlume di speranza negli occhi. I feretri ripresi da lontano non rappresentano solo la pietà di questo attento reporter, ma anche un monito per le generazione future.

 

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Colangelo

 

 


 

Le poesie di Padre Giuseppe Francesco Diruggero

Canti alla Vergine:

Addio, Adige Azzurro, al cui gagliardo
Murmure in petto rifiorano i canti!
O patrio fiume dal riso maliardo
Ti salutan piangendo, ecco, i miei fanti.
O fiume, che sussurri i tuoi sospiri
Nel crepuscolo scialbo e t’inargenti,
docile e molle in serpentini giri
ai raggi de la luna iridescenti,

Tu che piangi, o Madonna, di Crosano
Ne lo squarcio tempio, odi i miei voti
E i figli accogli trepidanti al petto.
A te confido. O Vergine pietosa,
Questi eroici caduti di Crosano,
Che da tempo, ne l’anima penosa
Un triste fanno udir lamento strano.

Or bisogna lasciarvi, o morti nostri,
Di Talpina, di Sorne e di Castione
E voi penanti fra i nervosi chiostri
O Battaglione, che avevi a Talpina
La tua Madonna rivestita a festa,
all’alba attaccheremo e la tempesta
ci assalirà violenta domattina

A la Callalta. Orribile follia
Di bombarde e ruggiti di granate.
Non un’ora di tregua. Come arpia
La morte vi ristè tutta la state.
Oh, triste a memorar, fosca vicenda
Del ventiquattr’ottobre! Pioggia. Vento;
ruffa e ridda infernale; sbandamento
di drappelli e una lurida tregenda
all’assiepata sponda, che tremenda
scuotesi al rovinoso ondeggiando
dell’implacabil gorgo. Oh sgomento
cupo dei cuori na la notte orrenda”
povero Berio, agli scrosci rombanti
muto d’un tratto e folle! Oh gli occhi cavi
di quel dolce fratel ridotto a brani!
-O Vergin Santa, che per monti e piani
A’ di più foschi sopra noi vegliavi,
pietà, pietà degl’umili tuoi fanti
Fra gli uccisi era un fante, al suol reclino,
D’un villaggio d’Abruzzo erto e remoto;
Vedovo, con sei figli, poverino!
Per gli affanni suoi molti al mio cor noto.
Mi avea sorriso al raggio matutino
D’un riso triste, come se un ignoto
Pensiero lo turbasse… Era supino;
Rigidamente nella morte immoto.
Con la mano contratta al cor premeva
Un’immagine tua, dolce Maria,

Sovente, a sera, allor che il nembo tace
E de’ mostri d’acciar l’urlo feroce,
O se men preme i cor l’ira pugnace,
E di solingo augel l’errante voce
Vanisce ne la breve ora di pace;
Sì come rivo che corre a la foce,
L’afflitto cor, d’amore a la pace
Onda pietosa, a ricercar, veloce
Le vostre, o morti, illagrimate tombe,
Corre ansioso e seco voi ragiona
Come non foste a sì deserte prode
Costretti, e della triste ora che incombe
E del martirio che a la patria adona
Il fiero volto e il petto ange e corre.
Poveri morti miei, come vi piango!
Poveri morti miei, con che pensieri
D’affannoso cordoglio, ermo rimango
Pei tristi a dolorar, brulli sentieri!
Uno per uno, tutti, d’ogni rango
Or mi balzate in grave aspetto e fieri
Al guardo errante, e tutti alto compiango,
Voi scesi al gelo degli avelli neri.
E parmi intanto udir lieve sussulto
Entro ogni fossa e un mormorio di voci,
– Tutte le vostre voci a gran tumulto,
Noi non siam morti! E in sua beltà ne ama-
Vigil, Regina e Madre alma d’Italia!
Due novembre di questa primavera
Di sangue in fiamme; primavera rossa
D’alacri squilli, or ecco in sulla fossa
L’Angelo clama: – O morti, alla trincea!
– Incliti eroi sorgenti da la nera
Notte del sonno, con gagliarda possa
Fuori a la luce e avanti alla riscossa!
Lampeggia ed urla ai venti ogni bandiera.
E Tu, Madonna, che vegliavi i morti
Senza requie né pianto e senza croce,
Del tuo sorriso or le frementi ammalia
Itale piagge, e fa suoni ai risorti
Fratelli in petto la materna voce:
– Avanti, o prodi, nel nome d’Italia!
– Meduna di Livenza; campanile
Vedovo di campane; chiesa infranta;
Altari riarsi ed ogni cosa santa
Con segni orrendi de l’oltraggio vile,
Oh, ritorni a sorridere gentile
Il dolce tricolor che l’alma incanta!
Il Reggimento lieto passa e canta:
– Questo Novembre è bello al par d’aprile!
Balda sui monti la gloria s’è desta,
E la speranza entro ogni cor riappare,
Plaudi, o Meduna, ai gloriosi fanti.
La tua Madonna sia vestita a festa,
Ardano ceri sul risorto altare,
Risuoni il tempio di laudi e di canti.
– E per tre notte dì pugnammo e per tre notti!
Sì come belve, con l’armi, co’ denti,
Al diluviar di tempestosi fiotti
Di piombo e ferro in cieco orror frementi.
E per tre dì pugnammo e per tre notti!
Con grida ed urli e disperati accenti,
Per borri e fratte e orribili ridotti,
Straziati i membri e i cor sanguinolenti.
E per tre dì pugnammo e per tre notti!
Or chi mai n’ebbe salvi? Chi redenti
Dalla strage tremenda? Chi condotti
Fuor d’ogni speme a tripudiar contenti?
Chi volto in giubilo i pianti dirotti?…
Tu sola, o Madre, de l’aflitte genti!
– Il cannone rombava, giù, lontano…
O baldi eroi del terzo Battaglione,
Vi risovvien della mesta canzone
Che si cantava in quel di Vermigliano?
E vi sovviene di quel canto strano
A mezzo agosto per entro il Vallone?
– Stanotte si rinnova la passione
O soave Madonna di Fogliano.
E nel notturno tumultuar veloce
Per le carsiche gole orride e grame
Nel settembre di guerra più feroce
Languidi e folli per sete e per fame?…
Vi risovviene del martirio atroce
D’Oppachiasella sulla ripa infame?

DA PREGHIERA
O provvida vergine,
ci copri col manto nell’ora del dubbio ne l’ora del pianto:deh!
Frena il reo turbine, deh! Spegni la guerra, che avvolge la terra.
Ti muovono i gemiti, gli affanni gli schianti, le fervide lagrime,
le grida strazianti di teneri pargoli, di spose innocenti, di madri gementi.
Te invochi con giubilo il milite ardente la cara tua Immagine stringendo fidente,
se ferve la mischia, con tenero affetto sul fervido petto.


 

Si ringrazia  l’archivio storico “l’Urrrlo del Colombo” e l’associazione “l’angolo della Memoria” per averci fornito il materiale fotografico.

Un particolare ringraziamento va a Rocco DEROSA e Antonio FANELLI.

ASSOCIAZIONE L’ANGOLO DELLA MEMORIA
VIA COLOMBO, 12
75018 STIGLIANO (MT)

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