Le voci dei morti
Alle persone che amai,
che più non sono con me,
ma che in me vivono. Sempre.
Dal fumido cielo,
leve lene lento,
piove un grigio greve
silenzio e, all’ora
del vespro, si stende
un velo sul mondo.
Avvolge il sudario
pur l’anima in pena,
appena sfiorata
da flebili echi
di voci lontane,
sul far della sera.
Per l’aria, nel giorno
che muore, i voli
di fragili e mute
falene, brividi
e fremiti d’ali,
un mesto ronzio:
son voci sommesse
di vaghi fantasmi,
dal buio fuggenti
dei sacri avelli
in cerca di luce,
nell’umida sera.
Nel gran sussurrio
riconosco i miei
morti: sorridendo
con teneri sguardi
mi vengon vicino,
mi tendon la mano
e, mentre incerto
nel mistero io vago
di vita e di morte,
bisbigliano dolci
struggenti parole,
nel cuor della sera.
Mi fanno corona
e chetano il pianto,
sussurrandomi che
la vita non muore,
ché dalle tenebre
poi nasce la luce.
Sono epifania
di Luce divina
i diafani volti,
che brillano in cielo
e scaldano il cuore,
nell’algida sera.
Ma poi pallide
e rade si fanno
le ombre, il buio
scolora, svanisce
l’incanto notturno,
nell’alba che trema.
Parma, novembre 2022
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