Il mosaico del Mezzogiorno di Giuseppe Mastromarino

La recente pubblicazione di “Lettere di Giustino Fortunato a don Giovanni Minozzi e la nascita dell’Opera”, con postfazione di Sergio D’Onghia, (Giannatelli, Matera, 2020, € 16, pp. 158) può essere considerata una preziosa tessera musiva, che va ad aggiungersi alle molte altre che Giuseppe Mastromarino aveva già realizzate in precedenza attraverso una lunga, intensa e meritoria attività di studio e di ricerca. Egli è andato così componendo nel corso degli anni un ideale mosaico del Mezzogiorno, di cui risaltano non solo gli eterni e irrisolti problemi, ma anche le potenziali risorse, troppo spesso sprecate o depredate, ma ancora, per fortuna, non del tutto dilapidate.
Per meglio comprendere il significato e il valore dell’opera, vale la pena di ricordare che l’autore, nativo di Gioia del Colle, cittadino adottivo di Matera epperò molto legato a Stigliano che, circa mezzo secolo fa, rappresentò uno snodo decisivo nella sua vita, è uno studioso appassionato e attento della storia del Sud dell’Italia, di cui ha preferito indagare soprattutto la dimensione sociale, pedagogica, culturale. E lo ha fatto seguendo con assiduità le traiettorie esistenziali del Padre barnabita Giovanni Semeria (Coldiroli, 1867 – Sparanise, 1931) e di don Giovanni Minozzi (Preta, 1884 – Roma, 1959), che con tutta evidenza sono per lui sicuri e irrinunciabili punti di riferimento non solo culturale, sì anche spirituale ed umano.
Ne è una probante conferma quest’ultimo corposo saggio, in cui l’autore prende in esame uno dei periodi più drammatici della storia italiana e del Meridione, ovverossia gli anni immediatamente successivi al primo conflitto mondiale, quando l’Italia, pur essendo tra i vincitori della guerra, si ritrovò devastata sul piano economico, sociale, morale. A conferma, se mai di conferme al riguardo vi fosse stato bisogno, che le guerre non possono affatto rappresentare una soluzione ai problemi dell’umanità, perché anche quando si vincono, se ne esce sempre e comunque irrimediabilmente sconfitti.
Furono più che mai anni bui per tutta l’Italia e, in particolare, per la Lucania Basilicata, che agli occhi di Padre Semeria e di don Minozzi apparve come una «terra senza sorrisi che tutti i malanni del Mezzogiorno raccoglie e potenzia nella sua miseria». In altre parole, le popolazioni meridionali videro ancor di più aggravarsi la loro già triste situazione socio-economica per l’insorgere di nuovi e gravi problemi che la «inutile strage» lasciava in eredità.
Le disastrose condizioni dell’agricoltura, la insostenibile situazione igienico-sanitaria, creata già dalla malaria e aggravata ora dalla spagnola, la miseria, l’analfabetismo, cui si aggiungeva la dolorosa piaga degli orfani di guerra, davano vita ad un quadro allarmante che richiedeva soluzioni non differibili. Ma che risultavano tanto più difficili a causa della rassegnazione, dello scetticismo, della diffidenza secolari che paralizzavano le popolazioni meridionali.
Per meglio comprenderne il valore, è in tale contesto che deve essere considerata la instancabile e impagabile attività del barnabita ligure Padre Semeria e del prete abruzzese Giovanni Minozzi, autentici «apostoli di carità nel Mezzogiorno», incoraggiati e supportati con affettuosa convinzione e rara prodigalità da Giustino Fortunato (Rionero in Vulture, 1848 – Napoli, 1932), «l’apostolo della questione meridionale».
L’autore del saggio ha il grande merito di averlo fatto ed è riuscito in tal modo a ricostruire con puntualità e a raccontare con incisività una straordinaria esperienza, che si sviluppò fra il 1919 e il 1932 e che vide protagonisti a vario titolo tre eminenti personalità. Decisiva si è rivelata indubbiamente la ricchezza delle fonti cui egli ha attinto senza parsimonia e tra queste assolutamente rilevanti risultano, oltre al carteggio Fortunato – Minozzi, le altre opere dei due religiosi, di cui utilizza ampi stralci con la sapienza di chi ne ha una sicura padronanza.
Si dispiegano, perciò, davanti agli occhi stupefatti del lettore del libro di Mastromarino i mirabili frutti dell’attività missionaria di Padre Giovanni Semeria e di don Giovanni Minozzi, che vede sorgere in molti miseri paesi lucani, dopo l’istituzione dell’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia (ONPMI) nel 1919, non solo orfanotrofi destinati all’accoglienza e all’assistenza degli orfani di guerra, ma anche asili e scuole. Nel segno di un meridionalismo educativo, non astratto e inconcludente ma operoso e fattivo, che pone al centro del suo progetto l’idea che solo attraverso l’istruzione e l’educazione si possa tendere al riscatto e all’emancipazione delle classi sociali più misere e svantaggiate e dar vita così a un processo di rinascita spirituale.
E’ dunque, questo di Mastromarino, un saggio denso ed istruttivo. Ma è anche molto stimolante, perché offre utili spunti di riflessione critica sulla dura realtà della Lucania Basilicata di oggi, che continua a vivere, pur in un contesto storico completamente mutato, una intollerabile situazione di disagio morale e culturale, prima ancora che sociale ed economico.

Angelo Colangelo

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