Stigliano è un comune ricco di storia. Qui sono passati i lucani, i greci e i romani, i barbari e i longobardi, i Carafa e i D’Angiò. Ma anche i briganti di Carmine Crocco, che sconfissero i soldati del regio esercito italiano. Stigliano è il paese più alto della collina materana con i suoi oltre 900 metri. Ed è per questo che è rimasto l’unico, o quasi l’unico, della Basilicata dove la malaria non ha mai attecchito.
E’ un comune comunque che soffre. I suoi abitanti – quasi diecimila nel 1961 – sono dovuti emigrare. E oggi sono poco più di 4.600. Soffre anche per una gigantesca frana, che mette a rischio abitazioni e strade.
Al cinema lo hanno raccontato i registi Mario Camerini (I briganti italiani), Domenico Ciruzzi (Sbraineff’) e Fabio Segatori (Terra bruciata).
C’è la vita di Ninnillo che, a soli 8 anni, è capace di “parlare” a una piazza gremitissima. Il bambino prodigio piace perfino a Palmiro Togliatti, che gli firma un assegno di mille lire. C’è la vita del “rivale” di Emilio Colombo, Salvatore, un pastore, di pensiero comunista, trascinatore anche lui di folle, leale e onesto, diventato buon amministratore della cosa pubblica.
Ci sono vite disperate come quella della mamma di Giovanni, costretta ad affidare il suo figlioletto a un’altra famiglia del Nord. Ma poi, dopo la laurea e l’inizio di un buon lavoro, Giovanni, il bambino adottato, torna a casa per conoscere la donna che gli ha dato la vita. E poi per contrappasso c’è quella di un altro Giovanni, piena di allegria e ottimismo che racconta di essere stato “costretto”, in tempi di guerra, a mangiare carne e patate. Tutti i giorni. Fino alla noia. O almeno fino a quando c’è qualcuno che gli crede.
Ci sono le vite di Grazia, giovanissima cantante lirica, baciata dal successo, e quella straordinaria di Maria, attrice di cinema (Fortapasc di Marco Risi), ma soprattutto di teatro.
C’è la storia del monumento ai 131 caduti (guarda caso come il numero dei comuni della Basilicata) durante la Prima Guerra mondiale e quella di Nicola che, dopo essere emigrato negli Stati Uniti, è costretto a combattere una guerra, che non è la sua: quella del Vietnam. C’è la vita stupefacente di don Peppe, il Cieco, che studiò al conservatorio, e diventò l’Ennio Morricone del cinema muto. E poi quella di un altro don Peppe, sempre per la legge del contrappasso, che voleva vedere con i propri occhi e non si fidava dei rapporti, delle relazioni o di quanto gli raccontavano i suoi funzionari. Giuseppe Zanardelli, il nostro don Peppe, bresciano del Nord Italia, 77 anni, è stato il primo Presidente del Consiglio che ha voluto vedere con i suoi occhi quali erano le condizioni della Basilicata. Vide il dramma della mortalità infantile, quello della scuola, della sanità e delle vie di comunicazione. Si adoperò per fare approvare una legge speciale per la Lucania. Cosa che il Parlamento fece, due mesi dopo la sua morte. Della sosta di Zanardelli a Stigliano, avvenuta nel settembre 1903, Angelo Colangelo ha ricostruito tutto. Perfino il menù annaffiato dal Rosso di Stigliano e dal Moscato di Cirigliano.
“Le Piazze raccontano – Stigliano fra storia e memoria” è nato da una bella idea, sviluppata con struggente amore. Ogni paese avrebbe bisogno di un libro come questo. Soprattutto i giovani.
Nicola Coccia*
*Nicola Coccia, giornalista del QN (La Nazione), è autore dell’interessante saggio su Carlo Levi “L’arse argille consolerai”.