Festeggiamenti in onore di S. Maria Assunta e S. Rocco il 15 e 16 agosto

A Stigliano il 15 agosto si svolgeranno i festeggiamenti in onore di SANTA MARIA ASSUNTA.

Il programma comprende: la Santa Messa delle ore 10:00, il Santo Rosario alle 18:30 la Processione per le vie cittadine.
In serata TALENT SHOW in concerto.
Il 16 agosto in onore San Rocco, invece si terrà il giro bandistico per le vie cittadine del paese.
la Santa Messa delle ore 11.00 e la Processione per le vie cittadine.
In serata concerto dei BANDIERA GIALLA, a seguire estrazione dei biglietti vincenti della lotteria di San Rocco e lo spettacolo conclusivo dei fuochi pirotecnici.

Storia di San Rocco de la Croix

(Nato a Montpellier, anno imprecisato tra il 1348 ed il 1350 – morto a Voghera, notte tra il 15 e il 16 agosto di anno imprecisato tra il 1376 ed il 1379) è stato un santo francese, venerato dalla Chiesa cattolica come protettore dei pellegrini, degli appestati e più in generale dei contagiati, dei farmacisti, dei becchini (in alcuni luoghi pure dei lavoratori delle pelli). Patrono di numerose città e paesi, è il santo che ha il maggior numero di luoghi di culto dedicati, a livello mondiale. Confrontando ed incrociando le date della vita del nostro santo e gli eventi storici dell’epoca, è nella seconda metà del ‘300 che si può attestare che nelle carceri di Voghera moriva un pellegrino di origine francese arrestato circa 5 anni prima nei pressi della vicina località di Broni, con l’accusa di spionaggio aggravata dalla reticenza nel dare le proprie generalità (le fonti più datate, ad esempio, sono concordi nel ricordare che la morte di San Rocco di Montpellier avvenne di martedì: l’unico anno in cui la notte tra il 15 ed il 16 agosto cadeva di martedì era il 1379).
Attorno a quest’uomo aleggiava già una certa fama di santità, accompagnata dai fatti di Piacenza e Sarmato, fama di santità che avrebbe portato all’acclamazione della stessa sia durante il Concilio di Costanza e sia con il decreto pontificio di attestazione dell’esistenza e rilevanza del culto, come si dirà infra.
Tutti concordano che sia nato a Montpellier, in Francia, da famiglia agiata, forse i Delacroix (Giovanni e Libera), che erano tra i maggiorenti cittadini e consoli della città.
Perduti i genitori in giovane età, distribuì i suoi averi ai poveri e s’incamminò in pellegrinaggio verso Roma.Arrivato in Italia, durante le epidemie di peste andava a soccorrerne i contagiati anziché fuggire i luoghi ammorbati.
Verosimilmente l’epidemia più rilevante di cui si tratta era la cosiddetta Peste Nera che intorno alla metà del Trecento devastò l’intera Europa, ma che già prima e anche dopo continuò a manifestarsi qua e là.
Acquapendente è una delle poche città ricordate unanimemente da tutte le antiche agiografie, non solo come tappa fondamentale ed irrinunciabile per qualunque pellegrino medievale diretto a Roma, ma soprattutto in quanto suggestivo luogo del primo, importante episodio della vita di san Rocco in terra italiana: l’incontro con Vincenzo nel locale Hospitale di San Gregorio, incontro magistralmente narrato da Francesco Diedo nella sua Vita Sancti Rochi (1479), è infatti diventato l’unico che possa essere paragonato, in termini di popolarità, con i celebri eventi della zona di Piacenza.
Tra i luoghi toccati durante il viaggio a Roma ci sono Forlì, Cesena e Rimini (forse all’andata o più probabilmente al ritorno), dove intervenne in altre epidemie, occupandosi di malati che, a volte, venivano abbandonati persino dai familiari.
Molti di essi guarirono in modo miracoloso, cosa che iniziò a far emergere i carismi del nostro santo presso la gente.
Giunto a Roma tra il 1367 ed il 1368, vi rimase tre anni, e qui curò, fino ad ottenerne la guarigione, un cardinale che lo presentò al papa[2].
Anche il ritorno da Roma a Montpellier fu interrotto da un’epidemia di peste, in corso a Piacenza.
Rocco vi si fermò ma, mentre assisteva gli ammalati dell’Ospedale di Santa Maria di Betlemme, venne contagiato. Allora, un po’ per non aumentare il contagio e un po’ per tener fede al voto di anonimato che aveva fatto come pellegrino, si trascinò fino ad una grotta (tuttora esistente, trasformata in luogo di culto) lungo il fiume Trebbia, in una zona che all’epoca era alla periferia di Sarmato, sempre sulla via Francigena.
La tradizione indica a questo punto un cane (che tanti artisti dipingeranno o scolpiranno al fianco del nostro santo) che durante la degenza di Rocco appestato provvedeva quotidianamente a portargli come alimento un pezzo di pane sottratto alla mensa del suo padrone e signore del castello di Sarmato, il nobile Gottardo Pallastrelli.
Rocco, quindi soccorso e curato dal nobile signore, dopo la guarigione riprese il suo cammino.
Gottardo voleva seguirlo nella vita di penitenza ma Rocco glielo sconsigliò.
Gottardo divenne il primo biografo del santo pellegrino e (secondo la tradizione) ne dipinse il primo ritratto, tuttora visibile, affrescato nella chiesa di Sant’Anna di Piacenza.
Tuttavia il più antico simulacro che lo raffigura sembra proprio essere la statuetta ora conservata a Grenoble.
Lungo la storia san Rocco è pure venerato quale Terziario Francescano, al pari di san Corrado Confalonieri da Piacenza [3], che fino al 1340 circa, proprio non molto lontano da Sarmato, si era ritirato nell’hospitio di Calendasco, presso il passo del Po lungo la via Francigena, per poi partire pellegrino e morire nel 1351 a Noto in Sicilia.
I privilegi papali concessi al Terz’Ordine Regolare nel 1475 e poi nel 1547 per l’Ufficiatura Liturgica propria di San Rocco, fanno menzione di altri più antichi documenti papali, quali quelli di Papa Onorio III e Papa Gregorio IX[4].
Quello che avrebbe dovuto essere il ritorno a Montpellier, però, si interruppe a Voghera.
Nessuno lo riconobbe, pur essendo i suoi parenti materni di origine lombarda: scambiato per una spia, finì in carcere senza ribellarsi, e vi restò per un lungo periodo (dai tre ai cinque anni, a seconda delle biografie), fino a morire trentaduenne, nella notte tra il 15 ed il 16 agosto di un anno imprecisato tra il 1376 ed il 1379.
Non morì certamente ad Angera, sul Lago Maggiore: questa località veniva indicata a causa di errori di dizione ormai definitivamente dimostrati e risolti dagli studiosi.
Numerosissime sono le sue raffigurazioni, da quelle più semplici e popolari fino a quelle dei grandi maestri dell’arte.
In esse il santo viene presentato in abito da pellegrino, con una serie di caratteristiche e simboli che si ripetono in modo più o meno costante e che comunque permettono di riconoscerlo abbastanza agevolmente e prontamente anche quando non ci sono altri dati che permettono di individuare chi è raffigurato sul simulacro di cui si tratta: il vestito caratteristico del pellegrino, consistente in tabarro (mantello a 360°) e relativo tabarrino (mantellina di dimensioni ridotte, posta sopra il lungo tabarro vero e proprio, con funzione protettiva del tronco e delle spalle, specie quando si trasportava bagaglio ecc.) che da lui ha poi preso il nome (sanrocchino), un cappello a larga tesa, un bastone, una zucca per contenere l’acqua (spesso appesa al bastone), conchiglie (da usarsi per attingere appunto l’acqua) fissate, a seconda dell’immagine, sul mantello o sul cappello oppure appese a mo’ di collana, bisaccia a tracolla, in alcuni casi pure una piccola fiaschetta attaccata alla cintola (nella rappresentazione dell’artista, sarebbe il contenitore del medicamento recato con sè da questo ex studente di medicina presso la presigiosa Facoltà della sua città natale) e nelle mani la “lancette” ossia il piccolo bisturi che si iniziava ad usare all’epoca per incidere i bubboni, favorendo la fuoriuscita del pus; alcuni artisti mettono anche la corona del Rosario (in effetti il santo era molto devoto della Madonna “delle Tavole”, tuttora venerata nella sua città natale, e questa raffigurazione mariana appare anche in qualche icona rocchiana); qualcuno, pure, sostituisce la cintura ai fianchi con un cordone francescano; esiste addirittura qualche rara raffigurazione che lo presenta rivestito dello scapolare trinitario; segni della peste: l’elemento distintivo per eccellenza è una piaga, solitamente sulla coscia, ma gli “addetti ai lavori” (di solito i medici) fanno notare che anche le mani e gli arti vengono raffigurati con le deformazioni derivanti dai postumi del contagio; croce rossa sugli abiti, sul lato del cuore, per indicare l’angioma a forma di croce che egli aveva sul petto dalla nascita e che costituirà l’elemento in base al quale verrà riconosciuto (da suo zio materno Bartolomeo) quando dopo il decesso sarà preparato per la sepoltura; l’angelo (che fu il primo “elemento” a comparire nelle più antiche immagini rocchiane), ossia il messaggero di Dio che conforta Rocco durante la malattia, gli annuncia la guarigione, lo avverte di prepararsi alla morte e di chiedere al Signore una grazia e la manifesta dopo il decesso del pellegrino, facendo trovare la tavoletta che reca: “Chi invocherà il mio servo sarà guarito”; il cane: soprattutto a partire da Quattro e Cinquecento compare anche questo animale, che reca in bocca il tozzo di pane sottratto alla mensa di Gottardo Pallastrelli, con cui avrebbe provvidenzialmente nutrito il santo durante la malattia.

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