SALVIAMO IL CENTRO STORICO DI STIGLIANO. Una risposta (o due)

Innanzitutto voglio ringraziarvi, Antonio e Rocco, per aver voluto così cortesemente dialogare con me attraverso “La voce del popolo” Condivido quasi tutto delle vostre considerazioni generali (le vicende personali sono solo emblematiche di un disastro generalizzato).
Ma sinceramente non riesco a condividere, anche con tutto l’affetto, un concetto espresso da Rocco: “Se non capiranno, non sarà colpa nostra, nell’andare avanti e fin affondo.”
Temo che questo sia un limite (se non “il” limite) di cui soffrono tutte le pur meritevoli iniziative (da ultimo le Giornate FAI di primavera) intraprese nel tempo.
Da una parte perché non riescono a fare “sistema”; non riescono, cioè, ad essere parte di un progetto con uno scopo condiviso, piuttosto che isolate e parziali; ed anche quando hanno successo (penso, ad esempio, all’iniziativa svoltasi due anni con la partecipazione dei ristoratori, organizzata da una società esperta del ramo e con un notevole successo di pubblico) sono iniziative solitarie e senza seguito.
E se anche è vero che molti sono quelli che partecipano (sempre da Rocco), non sono comunque sufficienti a formare un sentire comune, quella, cosiddetta, massa critica necessaria per poter passare dalla teorizzazione alla pratica concreta.
Ma, ancora più importante, non si può affermare che se non capiranno non sarà colpa nostra.
No, è colpa nostra.
Perché non siamo stati in grado di far comprendere le nostre buone ragioni; perché non abbiamo saputo coinvolgere gli altri con i nostri argomenti; non abbiamo capito quali erano gli interessi legittimi che avremmo dovuto e potuto sostenere; quali tasti avremmo dovuto toccare per rendere più sensibili alle questioni che andavamo esponendo anche i più tiepidi.
Forse anche noi ci siamo lasciati intossicare dalla cultura familistica e clanica, quella del noi contro gli altri e non abbiamo saputo far emergere o praticare, noi per primi, quello spirito comunitario di cui parlavo nel precedente articolo.
Del resto Stigliano è fra i paesi che in modo lento, ma continuo, si vanno spopolando (vedi, ad esempio, “Migrazioni e migranti” di V.A. Colangelo).
Così se i giovani cercano di realizzare altrove il loro progetto di vita e solo i vecchi rimangono (vedi dati ISTAT al 1 gennaio 2015), diventa difficile immaginare un futuro.
Perché in questo modo non si erode solo il terreno su cui poggia il paese, ma si erode anche la speranza di un futuro per il Stigliano.
I problemi del centro storico e dello spopolamento sono due facce della stessa medaglia.
Perciò bisognerebbe innanzitutto domandarsi: cosa fare affinchè i giovani trovino vantaggioso restare a Stigliano e magari essere attrattivi per nuovi stiglianesi?
Ebbene, basterebbe andare sull’onnipresente internet per trovare idee, iniziative, proposte che coinvolgono paesi con le stesse problematiche di Stigliano: sfiducia, abbandono, degrado.
Non affermo che tutto è riproponibile allo stesso modo, ma che si può prendere spunto dalle buone pratiche per verificare quali possono essere adattate alla realtà di Stigliano.
Ma sono convinto che quando incominceremo a capire che i nostri veri giacimenti petroliferi sono i saperi artigianali, che stiamo purtroppo perdendo e che invece dovremmo, almeno in parte, riscoprire, valorizzare ed adeguare alla moderna economia, forse avremo incominceremo a dare nuova vita a questo paese.
Mi sono permesso il “noi”, ma voi sapete quanto mi senta coinvolto, seppure da stiglianese acquisito.
Ma forse sto andando fuori tema.
Perciò prima di sbandare del tutto mi fermo.
Un caro saluto a voi ed a tutti quelli che vorranno leggermi.

Saverio Panariello

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