Benzina: FIRMA la petizione sulle accise e l’iva illeggittima

Mi chiamo Giuseppina e sono presidentessa del Co.P.I.I , Comitato di Imprenditori che cerca di fare rete nel nostro paese. Siamo tutti consumatori prima che contribuenti. Le accise sono comunemente intese come imposte levate sulla fabbricazione e vendita di prodotti di consumo. In particolare, in Italia come in molti altri paesi del mondo, ad essere gravati dalle accise risultano i corrispettivi dovuti all’erogazione di servizi energetici così come il prezzo della benzina .

Secondo i meccanismi operativi delle accise, se da un lato una primaria giustificazione applicativa poteva rinvenirsi in una funzione dissuasiva dall’utilizzo dei mezzi a motore, in un contesto in cui si è diffusa la convinzione che i carburanti, e in particolare quelli di origine fossile, contribuiscano all’inquinamento e che pertanto debbano essere tassati (c.d. “green tax”), dall’altro si è assistito ad un abuso da parte dello Stato nell’utilizzo dello strumento delle accise al fine di fronteggiare economicamente emergenze derivanti da eventi naturali, bellici od anche, semplicemente da esigenze di natura finanziaria del bilancio pubblico.

In particolare, l’elenco completo comprende le seguenti:

1,90 lire (0,000981 euro) per il finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936;
14 lire (0,00723 euro) per il finanziamento della crisi di Suez del 1956;
10 lire (0,00516 euro) per la ricostruzione dopo il disastro del Vajont del 1963;
10 lire (0,00516 euro) per la ricostruzione dopo l’alluvione di Firenze del 1966;
10 lire (0,00516 euro) per la ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968;
99 lire (0,0511 euro) per la ricostruzione dopo il terremoto del Friuli del 1976;
75 lire (0,0387 euro) per la ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980;
205 lire (0,106 euro) per il finanziamento della guerra del Libano del 1983;
22 lire (0,0114 euro) per il finanziamento della missione in Bosnia del 1996;
0,02 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004;
0,005 euro per l’acquisto di autobus ecologici nel 2005;
0,0051 euro per far fronte al terremoto dell’Aquila del 2009;
da 0,0071 a 0,0055 euro per il finanziamento alla cultura nel 2011;
0,04 euro per far fronte all’arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011;
0,0089 euro per far fronte all’alluvione che ha colpito la Liguria e la Toscana nel novembre 2011;
0,082 euro (0,113 sul diesel) per il decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011;
0,02 euro per far fronte ai terremoti dell’Emilia del 2012.
A queste vanno poi ad aggiungersi l’accisa autonoma sulla benzina che dal 1999 un decreto legislativo permette alle Regioni di imporre e, soprattutto, l’imposta sulla fabbricazione di carburanti.

A scorrere tale elenco può ben evincersi come la maggior parte di esse siano del tutto anacronistiche in quanto non sono mai state abolite quando sono cadute le giustificazioni ovvero lo “stato d’emergenza” che le determinavano.

Inoltre, a rincarare il tutto, deve considerarsi che sul prezzo complessivo della benzina viene anche in ultimo applicata l’imposta sul valore aggiunto nella misura del 22%. Applicazione del tutto legittima se si considera che la benzina è a tutti gli effetti un bene commerciale e, quindi, imponibile ai sensi della normativa IVA.

Peccato che, come abbiamo visto sopra, il prezzo della benzina sia determinato solo in minima parte dalla somma dei costi necessari alla produzione e del margine via via richiesto dai soggetti che partecipano alla catena commerciale, essendo il resto costituito appunto dalle varie tasse, imposte e accise varie come sopra elencato. Esemplificando, le imposte incidono per il 72,42% del costo per ogni litro litro per la benzina verde e 61,32% per il gasolio, IVA esclusa. Aggiunta anche questa, al 22%, si ottengono le sconsiderate percentuali del 88,35% nel primo caso e 74,81% nel secondo.

A ben vedere però, nessuna norma autorizza lo Stato ad incassare la tassa anche sulle accise in virtù di un principio più generale che vieta l’effetto moltiplicativo di applicare imposte su altre imposte.

Principio, questo, per altro richiamato dalla Corte Costituzionale con la Pronuncia n. 238 del 2009 con cui veniva esplicitamente dichiarata illegittima l’imposizione dell’IVA su un’imposta .

Prima del monito espresso dalla Corte Costituzionale, sulla stessa questione era intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite con la Pronuncia n. 3671 del 29 aprile del 1997. Con tale provvedimento i giudici di Piazza Cavour avevano precisato che per “prezzo d’acquisto” ai fini della determinazione della base imponibile, ai sensi dell’art. 52 del R.D.L. 19.10.1938. n. 1933, deve intendersi il corrispettivo versato dall’operatore economico che organizza l’operazione, al netto della componente fiscale. Quindi, se i servizi consistono negli stessi prodotti fabbricati dall’industriale e venduti al commerciante, per prezzo di vendita ai rivenditori, ai sensi dell’art. 128 del R.D.L. n. 1933 del 1938, deve intendersi il corrispettivo in senso civilistico, depurato, quindi, dalla componente fiscale; sicché, secondo la cassazione, un’imposta non costituisce mai base imponibile per un’altra.

Con l’(illegittima) applicazione dell’IVA sull’intero costo della benzina gravato dalle varie accise ed imposte, questo principio immanente dell’ordinamento viene quindi costantemente disatteso sin dall’entrata in vigore dell’imposta sul valore aggiunto in Italia, quindi sin dal 1972.

L’escamotage giuridico che viene utilizzato per perpetrare tale abuso a danno degli automobilisti è dato da una distorta applicazione dell’art. 13 del DPR 633/72 (decreto IVA), allorché recita che “la base imponibile IVA, per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi, è costituita dall’ammontare complessivo di tutto ciò che è dovuto al cedente o prestatore, quale controprestazione della cessione o prestazione, compresi gli oneri di qualsiasi genere posti a carico dell’acquirente del bene o del committente del servizio.”

L’amministrazione finanziaria con l’ormai datata risoluzione n.  501294 del 25 maggio 1973, non perse tempo nell’interpretare tale norma nel senso che l’imposta di fabbricazione, in quanto corrisposta e addebitata in fattura al cliente, costituiva corrispettivo della cessione del bene e concorreva quindi alla formazione della base imponibile IVA. Data l’evidente forzatura interpretativa la nostra proposta prevede quindi:

  1. l’abolizione di tutte le accise sui carburanti per l’autotrazione che risultano anacronistiche (intendendosi per tali tutte quelle relative ad eventi anteriori all’anno 2000);
  2. l’introduzione di una norma di interpretazione autentica dell’art. 13 del DPR 633/1972 che i) chiarisca come l’Imposta sul Valore Aggiunto non debba essere più applicata sulla componente del costo dei carburanti per autotrazione relativa ad imposte, tasse e le accise che residueranno dal provvedimento di abolizione di cui al punto sopra e ii) riconosca il diritto al rimborso dell’IVA pagata a tale titolo negli ultimi 48 mesi dall’entrata in vigore della norma (periodo per il quale secondo la normativa fiscale sono consentite richieste di rimborso);
  3. La definizione di un decreto attuativo che individui le modalità per l’ottenimento di tale rimborso.

Questa petizione sarà consegnata a:

  • Ministro dell’economia e delle finanze Pier Carlo Padoan
  • Presidente del consiglio Matteo Renzi
  • Agenzia delle Dogane e dei Monopoli

Firma la petizione su change.org

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