Nicola Latronico e la trasformazione rivoluzionaria della Terapia Intensiva

Nicola Latronico, professore ordinario di Anestesiologia dell’Università degli Studi di Brescia, dopo numerose ricerche e pubblicazioni nel campo scientifico, amplia il suo campo d’indagine, apportando delle idee innovative anche nell’approccio del malato in condizioni critiche ricoverato in Rianimazione. Non più reparti chiusi e malati sedati, ma reparti aperti alle famiglie e pazienti non sedati o sedati minimamente e soprattutto mobilizzati precocemente. Si tratta di una nuova concezione che ha portato alla creazione della cosiddetta “Rianimazione aperta”. Si è giunti così alla realizzazione di un modello di gestione del paziente che sta diventando un vero e proprio modello, non solo nel campo nazionale.

Nicola Latronico, professore ordinario di Anestesiologia dell’Università degli Studi di Brescia
Prof. Nicola Latronico

La rianimazione, fra le branche della medicina, è quella più delicata, in quanto tratta i malati in condizioni critiche, essendo volta a ristabilire le funzioni vitali compromesse dall’insorgenza di una malattia acuta o di un evento traumatico. Essa è caratterizzata da competenze multidisciplinare, in quanto involge, nei suoi diversi casi, la funzione respiratoria, cardiovascolare, neurologica, nefrologica sino al controllo dell’omeostasi metabolica e delle infezioni.

La nuovelle vague della terapia intensiva parte dalle prime sei lettere dell’alfabeto.
L’ultima lettera, la F, è in realtà la prima, e sta per famiglia, il perno attorno a cui si articola la Rianimazione aperta.

La A sta per «alert», ovvero fai svegliare il paziente, interrompendo giornalmente la sedazione.

La B è acronimo di «breathing», respirazione: «Se il paziente è sveglio prova a farlo respirare da solo Stacca la macchina e valuta come se la cava» –spiega il professor Latronico-.

La C sta per coordinazione fra le prime due mosse, e per «choice», la scelta di analgesici e sedativi, che vanno calibrati sulle effettive necessità del singolo paziente.

Ma C sta anche per coordinamento, perché per far funzionare l’organizzazione delle Rianimazioni aperte è fondamentale che la «squadra» dai medici agli infermieri e ausiliari sia coesa e le scelte condivise.

D indica il delirium, un disturbo complesso che si può manifestare nei pazienti in terapia intensiva, caratterizzato da inattenzione e altre alterazioni cognitive: fondamentale è diagnosticarlo presto e curarlo, perché situazioni prolungate di delirium possono lasciare difficoltà cognitive e di tipo funzionale .

E significa exercise, ovver far muovere i pazienti in Rianimazione fin dalle primissime fasi.

Lo studio internazionale multicentrico «Soms», pubblicato lo scorso ottobre su Lancet cui ha partecipato anche la II Rianimazione degli Spedali Civili di Brescia ha dimostrato che una mobilizzazione precoce dei pazienti riduce il tempo di permanenza in Terapia intensiva e migliora la mobilità funzionale e quindi l’indipendenza del paziente alle dimissioni (è risaputo, inoltre, che il movimento giova anche al cervello).

Alla luce di tali principi si è realizzato un centro di Rianimazione di eccellenza, che vede i pazienti ascoltare la musica in cuffia, andare in cyclette, sedere in poltrona; in cui i familiari hanno accesso libero dalle 13 alle 21, senza indossare camici o calzari (che non influiscono sul rischio infezioni), e possono assistere alle procedure mediche; dove accanto a ogni letto non c’è un numero, ma un nome.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione, in quanto si è cambiato il volto delle Terapie Intensive o della «liberazione» nelle Terapie intensive, come è stata definita oltre oceano.

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