Fumata bianca sul 12° Presidente della Repubblica: è Sergio Mattarella

Alle ore 12:58 del 31 gennaio 2015 i “grandi elettori” del Parlamento, riuniti a Montecitorio in seduta congiunta dei deputati e senatori, con la partecipazione di 53 rappresentanti regionali, ha eletto alla quarta votazione il 12° Presidente della Repubblica italiana: il siciliano Sergio Mattarella. Dopo le fumate nere dei precedenti tre scrutini, in cui occorreva la maggioranza qualificata dei due terzi, la fumata bianca si è avuta alla prima votazione in cui il quorum è sceso alla maggioranza assoluta, da 673 a 505 voti, quorum abbondantemente superato con 665 voti a favore del Presidente eletto.

Un lungo applauso è scattato a Montecitorio, proveniente da tutte le parti dell’aula, quando Mattarella ha raggiunto i 505 voti nel corso dello scrutinio operato dalla Presidente della Camera Boldrini.

Per la cronaca risultano nel processo verbale della seduta, come candidati votati e non eletti, il giudice Ferdinando Imposimato, con 127 voti, il giornalista Vittorio Feltri, con 46 voti e il giurista civilista Stefano Rodotà con 17 voti. Ci sono state anche 105 schede bianche, 14 disperse e 13 nulle.

Come si evince dai numeri, non c’è stata partita, ma prima di arrivare a questo plebiscito forti erano state le tensioni, con tradimenti e voltafaccia dell’ultimo momento nei due giorni precedenti, fra il partito di maggioranza del PD e il fronte moderato di centro destra.

E’ risaputo infatti che ciò che incide sul risultato finale dell’elezione della prima carica dello Stato non è tanto la volontà dei singoli elettori quanto i giochi che si fanno fuori da Montecitorio, nelle trame degli accordi di partito.

Ed è anche prassi comune del Parlamento eleggere una personalità che abbia la più ampia convergenza delle rappresentanze politiche, proprio perché nei 7 anni del suo mandato il Capo dello Stato deve essere il Presidente di tutti gli italiani.

Questa volta le cose non sono andate proprio in questo modo, perché la candidatura del Presidente eletto è stata imposta dal leader del PD Matteo Renzi, in modo unilaterale e in barba alle larghe intese.

Due anni fa l’allora leader del PD Bersani in quanto capo del primo partito propose una terna di candidati su cui aprì la trattativa con i partiti del centro-destra, fedele a questa regola di democrazia.

Alla fine furono i suoi stessi sostenitori, con la famosa “carica dei 101”, a fare da franchi tiratori e ricordiamo tutti come andò a finire: non si raggiunse nessun accordo e il Presidente emerito Giorgio Napolitano fu richiamato al Colle per un nuovo mandato, cosa mai accaduta prima.

Stavolta Renzi ha pensato diversamente, giungendo ad un accordo con l’estrema sinistra e con l’opposizione interna del suo partito, infischiandosene delle proposte che sono venute da Forza Italia, NCD e UDC, che avevano fatto i nomi di Amato e Casini.

Finite le consultazioni Renzi aveva imposto un unico nome, quello da lui scelto, che naturalmente apparteneva al suo schieramento: Sergio Mattarella.

A questo punto Berlusconi, Alfano e Casini optavano per la scheda bianca nelle prime tre votazioni, in segno di disapprovazione non tanto della persona, candidata da Renzi, quanto del metodo antidemocratico con cui aveva mosso le pedine.

A questo punto si assisteva ad una situazione surreale, con Renzi che aveva tre maggioranze diverse, una per ogni suo obiettivo: quella con Alfano di NCD per governare, quella con Berlusconi di Forza Italia

per fare le riforme ( col famigerato “Patto del nazareno” ) e quella con Vendola di SEL e con Fassina della sua opposizione interna per l’elezione del Capo dello Stato.

Machiavellismo allo stato puro.

Nell’ultima notte, prima della fumata bianca, qualcosa è cambiato: Angelino Alfano ha nuovamente mutato casacca, e dall’accordo fatto con Berlusconi, di continuare a oltranza con la scheda bianca per stigmatizzare il metodo renziano e tacciarlo di spregiudicatezza antidemocratica, è passato dalla parte di Renzi votando per Mattarella. Qualcuno dice per salvare la poltrona da ministro. Lui ribatte che l’ha fatto per far prevalere la persona, siciliano come lui e rispettabilissima, sul metodo.

Fin qui la cronaca del “dietro le quinte”.

Ma chi è il neo-inquilino del Quirinale Sergio Mattarella?

Nato a Palermo, 73 anni, vedovo con tre figli, ex dirigente della Democrazia Cristiana e del Partito Democratico, cinque volte ministro, ex deputato e giudice della Corte Costituzionale dal 2011 è il successore di Giorgio Napolitano. Il 6 gennaio 1980 perse il fratello Piersanti a 45 anni, ucciso dalla mafia a Palermo mentre era presidente della Sicilia. Mattarella ha fatto parte della Gioventù Studentesca di Azione Cattolica e della Federazione Universitaria Cattolica Italiana, insegnando anche Diritto parlamentare all’Università di Palermo. Quando era democristiano faceva parte della corrente dei morotei, quella di Aldo Moro e di Benigno Zaccagnini, schierata a sinistra.

Nel luglio del 1990, Mattarella da ministro dell’Istruzione fece la riforma della scuola elementare con l’introduzione dei moduli, e i giornali ne parlarono per un episodio che coinvolse la nota cantante americana Madonna, che da lì a poco avrebbe tenuto dei concerti a Roma e a Torino. Secondo quanto scrissero allora Stampa e Repubblica, Mattarella si disse d’accordo con la CEI, la Conferenza Episcopale Italiana, secondo cui lo spettacolo aveva scarso contenuto artistico ed era molto volgare nel mescolare sacro e profano.

E’ stato direttore del quotidiano della Democrazia Cristiana, Il Popolo.

Nel 1993 fu relatore della legge di riforma del sistema elettorale che da lui prese il nome, il “Mattarellum”.

Nel 1994 fu tra i fondatori del Partito Popolare Italiano ma se ne staccò quando Rocco Buttiglione, alla segreteria del partito, si avvicinò al leader di Forza Italia Silvio Berlusconi in vista delle elezioni del 1996. Con Massimo D’Alema andò a Palazzo Chigi nel 1996 nei panni di vicepresidente del Consiglio.

Fu ministro della difesa nel governo Amato e appoggiò l’intervento militare in Kosovo.

Nel 2001 Mattarella venne rieletto in Parlamento con la Margherita e poi riconfermato nel 2006 con l’Ulivo. Fece anche parte del gruppo che ha scritto il manifesto fondativo del Partito Democratico.

Nel 2008, dopo la caduta del governo Prodi, uscì definitivamente dal Parlamento.

Ma nel Parlamento tornerà il 3 febbraio prossimo per prestare giuramento da 12° Presidente della Repubblica italiana, e per inviare il primo messaggio alla Nazione.

Auguri, Presidente.

Giovanni Fortuna
31.01.2015

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