Con Carlo Levi a casa Cervi

Il 5 dicembre scorso si è tenuto nella sede dell’Istituto Cervi a Gattatico, in provincia di Reggio Emilia, il preannunciato convegno per il 40° anniversario della morte di Carlo Levi, per dibattere il tema molto interessante del confronto fra le condizioni sociali ed economiche nel Reggiano e in Lucania negli anni Trenta del secolo scorso.

L’incontro, cui erano presenti alcuni discendenti della famiglia Cervi, si è rivelato fecondo di utili riflessioni, anche in riferimento alla realtà del nostro tempo. Gli autorevoli interventi di studiosi e rappresentanti della politica nazionale, infatti, hanno spaziato su problematiche rilevanti per l’aspetto storico e per la loro attinenza all’attualità sociale ed economica: migrazioni, lavoro, disoccupazione.
Ma, di là dalla importanza del convegno, a me preme esternare poche impressioni e suggestioni del tutto personali. Innanzi tutto, desidero ricordare che la sobria solennità del luogo e la squisita accoglienza di Paola Varesi e della senatrice Albertina Soliani, rispettivamente direttrice e presidente dell’Istituto Cervi, mi hanno fatto rivivere con grande emozione l’atmosfera in cui ad un tempo si consumò la tragedia della famiglia Cervi e si scrisse una pagina epica di storia civile.
Protagonista, com’è noto, fu una famiglia di contadini appassionatamente legata alla terra, il cui patriarca Alcide, personaggio eroico degno di una tragedia greca, dopo aver pianto i suoi sette figli (Ettore, Ovidio, Agostino, Ferdinando, Aldo, Antenore e Gelindo), trucidati dai nazisti nello scorcio finale del 1943, rimasto l’unico uomo, ormai settantenne, con le donne e i bambini, coraggiosamente riuscì a ricostruire un progetto di vita per le nuore e per i nipoti, animato dal sentimento fiducioso che sempre “dopo un raccolto ne viene un altro”.
La giornata, per me edificante, è stata poi impreziosita dalla lettura di un agile e pregevole volumetto, gentilmente donatomi per l’occasione da Laura Salsi, presidente della Filef di Reggio Emilia. Il libro, scritto da Stefano Morselli e comprendente una traduzione del testo in arabo, lingua
madre di molti immigrati, è dedicato alla nobile figura di Dante Bigliardi (Poviglio, 1922 – Reggio Emilia, 2009), che, spendendo la sua “vita per gli altri”, diventò “un costruttore di democrazia”.
Dante Bigliardi “Una vita per gli altri. Un costruttore di democrazia” Il libro di Stefano MorselliCome Carlo Levi, Bigliardi partecipò alla lotta contro il nazifascismo, diventando un “partigiano della libertà”. Con Carlo Levi, Paolo Cinanni, Luigi Gaiani ed altri poi fondò nel 1967 la Filef (Federazione Italiana Lavoratori Emigrati e Famiglie) e iniziò a girare l’Europa, impegnandosi in una instancabile e generosa attività a sostegno dei bisogni e dei diritti degli emigrati. Grazie a lui, che molto si spendeva anche per mantenere vivi i legami degli emigrati con la terra di origine, Reggio Emilia divenne un punto di riferimento importante per gli emigrati italiani all’estero.
Negli anni successivi, con il fenomeno sempre più massiccio delle immigrazioni in Italia, Bigliardi si rese protagonista di una serie di iniziative di concreta solidarietà.
Favorì, ad esempio, la nascita di cooperative di servizi gestite dagli immigrati, s’impegnò nella soluzione del problema della casa e del lavoro per gli stessi e, ai fini di una loro migliore integrazione, assecondò la creazione di strutture e di corsi di formazione, realizzò l’idea di un notiziario in lingua araba sulle televisioni locali, sostenne l’introduzione, realizzata in alcuni comuni del reggiano, del consigliere comunale “aggiunto” democraticamente scelto.
Può essere considerata insomma, quella di Dante Bigliardi, una figura esemplare. Anche per i lucani, poiché la Basilicata, dopo essere stata per oltre un secolo terra di emigranti, nell’ultimo ventennio è divenuta paradossalmente terra d’immigrati. Come testimoniano eloquentemente i dati demografici del rapporto Caritas 2012, secondo cui nell’ultimo decennio censito essa risulta la regione con il maggior incremento di residenti stranieri, passati da 3416 nel 2001 a 14738 nel 2011.
Sarebbe pertanto auspicabile che in Lucania e in particolare ad Aliano, il cui nome è ormai legato indissolubilmente a quello del grande “torinese del sud”, che con la sua opera narrativa ed artistica l’ha resa famosa nel mondo, si sviluppassero attività sociali collegate alla Filef, capaci di rendere concreta l’idea dell’accoglienza e della solidarietà. Sarebbe un modo davvero significativo, insieme con le tante iniziative già da tempo consolidate, per onorarne al meglio la memoria!

Angelo Colangelo

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