Approfondimenti sulla riforma Costituzionale

Dopo il precedente articoletto, vorrei provare a motivare quanto ho scritto a proposito della falsa abolizione del Senato (o, se volete, della fine del bicameralismo perfetto o paritario) e dei nuovi stati.
Sarò necessariamente un pò lungo, ma spero non noioso; la materia è ostica, scritta in un pessimo burocratese ed io non sono assolutamente un esperto.
Una perlina, tanto per gradire.
Saranno nominati Senatori cittadini che, a Costituzione vigente, non potrebbero votare per eleggere i Senatori.

E partiamo dai costi: se è vero che i nuovi senatori non percepiranno più l’indennità da parlamentare, percepiranno tutti gli altri annessi e connessi alla carica di Senatore: diaria, rimborso spese generali, rimborso per l’esercizio del mandato viaggi gratis (per loro, perché qualcuno dovrà pur pagarli), dotazioni informatiche, (portaborse, vitalizi?), assistenza sanitaria integrativa (cui si possono iscrivere anche i familiari – ad es. fino a 20.000 euro all’anno per spese odontoiatriche), ecc.
In effetti il risparmio effettivo sarà al di sotto dei 50 milioni di euro, 8,8% rispetto ai 540 milioni di euro dell’ultimo bilancio di previsione per il 2016 (Senato della Repubblica XVII Legislatura Atti parlamentari Seduta n. 664 20 luglio 2016).
Senza contare le spese che dovranno essere sostenute per i vitalizi dei senatori che non saranno più in carica.
Ed era necessario fare una riforma costituzionale per risparmiare 50 milioni?

Sulle modalità di elezione, che non riassumo perché immagino che tutti ormai le conosciate per averle lette o sentite in televisione, forse non si riflette abbastanza sul fatto che nel prossimo Senato, eletto con le modalità previste dalla riforma, potrebbe esserci un turn-over molto frequente, sulla base alla durata (o delle crisi politiche) delle regioni e dei comuni di provenienza dei nuovi senatori.
E visto le materie di cui dovranno occuparsi (fra cui: “partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi dell’Unione europea e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea”) la domanda è: come faranno questi senatori par-time ad decidere su materie che richiedono studio, preparazione e capacità di valutazione, se alcuni di loro dovessero cambiare nel corso delle discussioni su tali provvedimenti per crisi scoppiate nelle giunte (regionali o locali) di provenienza?
Inoltre, poiché in fondo la loro è una nomina fatta dai partiti dei territori di provenienza, essi non rappresenteranno i medesimi territori (portandoli così più vicini ai centri di potere come ci si vuol far credere), ma i partiti da cui provengono e, a seconda delle maggioranze regionali, con una possibile diversa maggioranza fra Senato e Camera.
Ed ancora doveva essere la Camera delle Regioni (o dei territori o “delle autonomie” – non si è aggiunto “dagli elettori”) ma esiste già la “Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano” e la “Conferenza Stato-città ed autonomie locali”; si occuperanno forse delle stesse materie?
E i sentori a vita (attualmente sono sei, nominati dal PdR) che saranno presenti anche nel prossimo Senato fino a consunzione naturale, poi diventano cinque (ma eletti per cinque anni), quali territori rappresenteranno?

Si dice anche che diminuirà il contenzioso tra Stato e Regioni perché la riforma prevede dettagliatamente le materie di competenza di ciascuno.
Facciamo solo un esempio trai tanti.
C’è scritto: “la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”. E mentre prima si è fatto un elenco puntiglioso delle materie di potrà occuparsi il senato, ora la formulazione è così generica che nella pratica lo Stato potrà avocare la legislazione regionale perché tutto, ed il contrario di tutto, potrà essere compreso nelle tutele previste dal comma.

Ma la perla più bella di tutte è questa. “L’esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all’articolo 117 (legislazione concorrente: Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.), quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti.”
Fuori dal burocratese, di cui parlavo all’inizio, vuol dire che le modifiche fatte al Senato con votazione della maggioranza assoluta dei suoi membri, potranno essere respinte dalla camera dei Deputati solo con una corrispondente votazione a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
E se i Deputati non raggiungono la maggioranza assoluta, cosa succede?
Passano le modifiche de Senato, si fa un’altra votazione, decade tutta la legge?

E, per finire, i nuovi stati nello Stato.
Le norme previste dalla riforma per le regioni, non si applicano alle regioni a statuto speciale.
Ma c’è di più.
“Art. 39 – Disposizioni transitorie – comma 13. Le disposizioni di cui al capo IV della presente legge costituzionale non si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome”
Vuol dire che le regioni a statuto speciale potranno applicare le nuove norme, più restrittive, solo modificando i propri statuti d’intesa (non, come fino ad ora, col parere) con il Governo nazionale, potendosi opporre, cioè, alla volontà del Governo nazionale, mantenendo una sorta di extra territorialità: quello che si applica nel resto d’Italia non si applica in queste regioni.

Quelli su elencati sono solo alcune delle incongruenze, contraddizioni quando non veri e propri strafalcioni contenuti nella proposta di riforma.

Ultimi aggiornamenti.
Maria Elena Boschi, alla presentazione della rete ‘#bastaunsì’ 28.10.2016 senato, trattando la riforma del titolo V, il ministro delle Riforme Costituzionali e per i rapporti con il Parlamento afferma: “Dopo (l’approvazione definitiva della riforma, con la vittoria del Sì al referendum del 4 dicembre) potranno anche esserci modifiche, adeguamenti e si potrà vedere se funzionano bene”

SAVERIO PANARIELLO

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