Agosto a Stigliano

Le considerazioni di un bresciano-milanese dopo una breve permanenza in paese.

Di: Paolo Barbieri

Nel bel libro «Breviario mediterraneo», Predrag Matvejevic scrive che il mare che va dalla Grecia al Magreb, dalle coste del Medioriente a Venezia e dall’Italia alla Francia fino alle colonne d’Ercole rappresentate dallo Stretto di Gibilterra è un luogo del destino. Non è detto, però, che chi abita sulle coste bagnate da questo mare sia maggiormente legato ad esso rispetto a chi, invece, abita nell’entroterra. A questo ho pensato l’agosto scorso quando ho trascorso alcuni giorni a Stigliano.
Non v’è dubbio che pur essendo io bresciano, di Gardone Val Trompia, e da una trentina d’anni residente a Milano, Stigliano è per me un luogo del destino. Fino a quando ho conosciuto mia moglie non solo non sapevo dell’esistenza di questo paese ma, neppure, avevo mai sentito il nome. Maddalena, invece, mi ha raccontato del padre che era originario di qui, delle vacanze trascorse in estate a casa del nonno, delle amiche stiglianesi con le quali, a Napoli, in collegio, ha frequentato le scuole superiori. Non solo, il suo primo marito è uno stiglianese.
Tempo fa poi è accaduto qualche cosa di veramente eccezionale. A Milano ho incontrato in più circostanze persone legate a questo paese. Una su tutte l’amico scrittore Giuseppe Colangelo che una sera, a cena, ha raccontato le sue origini lucane suscitando stupore e gioia in Maddalena e una ovvia curiosità in me. Loro parlavano di alcune conoscenze comuni, del paese che si era svuotato a causa dell’emigrazione ma anche dei piatti: l’ paparéul’ cróš’cl’, l’ rašcatidd’, l’ faš’tidd, la sauz’zz’, l’dol’ċ e tante altre buone cose.
Leggendo poi il bel libro di Giuseppe Colangelo, «Creta Rossa», ho trovato un altro legame rappresentato da un evento storico: la visita nel 1902 dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli, bresciano, legatissimo alla valle dove ho vissuto. Secondo la leggenda popolare sembra che Zanardelli dalla terrazza della dimora del barone Formica abbia fatto pipì. Leggenda popolare, appunto, come quella che da sempre circola a Gardone, il mio paese, dove Zanardelli nella sala del consiglio comunale si rivolse a re Umberto I che stava mangiando polenta e uccelli, piatto tipico della zona, in questo modo: «Maestà, ‘i ósei se mangia co le ma» (Maestà gli uccelli si mangiano con le mani). Belle storie – non si sa se vere o inventate – che con bonarietà tendono a riportare le autorità e i potenti a livello del popolo.
Stigliano tuttavia è rimasto sempre lontano fino a quando all’inizio dell’estate, a Maddalena, è giunta la notizia che nel corso della ‘Festa del Ben Tornato’ sarebbe stata premiata per la sua attività poetica e per il suo impegno come volontaria nelle carceri. Ecco l’occasione per visitare Stigliano. Siamo arrivati la sera molto tardi, un po’ prima della ‘Freccia di mezzanotte’ la corriera che arrivava appunto a quell’ora e così ben descritta da Colangelo nell’omonimo libro. Lasciata Matera, in auto, abbiamo preso la strada che porta fin qui. Non potrò mai dimenticare l’emozione davanti al volo di un grande rapace notturno e poi gli occhietti di due piccole volpi ai lati della strada e purtroppo anche la carcassa di un’altra che nell’attraversamento era stata falciata da un’auto. Quella sera c’era la luna che illuminava le colline rendendole quasi spettrali ma affascinanti. Solo la mattina, con il sole, avrei visto la bellezza di questa terra. Le montagne in lontananza, i fittissimi boschi, il mare appena accennato o forse solo immaginato e poi la terra aspra, color nocciola punteggiata qua e là da macchie verdi della vegetazione. Quel panorama mi ha ricordato la Maremma e alcuni quadri di scene contadine di Giovanni Fattori.
Ciò che ancor di più mi ha colpito, però, sono stati gli stiglianesi per la loro ospitalità, così diversa perché poco chiassosa rispetto a quella che si trova, spesso, nel Sud. Proprio questo tratto mi ha ricondotto all’idea iniziale del ‘luogo del destino’. Io, bresciano, cresciuto in una valle delle Prealpi lombarde, mi sono sentito a casa perché nei gesti, nei sorrisi, nella cordialità della gente ho rivisto gli stessi tratti dei montanari delle mie parti che a molti possono sembrare schivi e scontrosi ma che, come tutti quelli che abitano la montagna, sanno aprirsi agli altri con grande generosità.
Sono stato bene a Stigliano, ho trovato degli amici con i quali ho parlato di tante cose: da Dante (qui è nato il dantista Rocco Montano e vive un prestigioso centro a lui intitolato) alla riforma agraria degli anni ’50 fino ai problemi di un paese che ha conosciuto l’emigrazione ma che, per fortuna, non ha perso la sua identità. Ho visitato il Museo e la Casa del contadino, il magnifico Polittico nella Chiesa madre e poi i musei antropologico e della Prima guerra mondiale. Ho apprezzato i progetti che qui sono stati avviati come quello di coinvolgere i ragazzi delle scuole per tener vivo il Museo contadino e quindi la storia stessa del paese. Paesi come Stigliano, arroccati su una montagna, spesso sono stati tagliati fuori dalla storia eppure è proprio qui che sono stati conservati valori che dovrebbero essere riscoperti. L’Italia non è fatta solo dalle grandi città ma anche dai piccoli centri che avrebbero bisogno di maggiori attenzioni.
Un unico fraterno rimbrotto mi sento di fare. Ho percepito una certa rassegnazione per il fatto che molti se ne sono andati emigrando al Nord e che i loro figli a stento ritornano. Coraggio amici, non rassegnatevi! Chi lavora la terra e chi conosce la fatica come l’hanno conosciuta i vostri avi non deve temere niente. E chissà che a Stigliano, grazie ai suoi tanti ragazzi che ora in Italia si fanno onore, non nasca una nuova primavera.

Paolo Barbieri

Il libro di Paolo Barbieri «Gli occhi di Thanatos - E-mail sulla morte e dialoghi d’agosto» (Moretti & Vitali)
Il libro di Paolo Barbieri «Gli occhi di Thanatos – E-mail sulla morte e dialoghi d’agosto» (Moretti & Vitali)

Paolo Barbieri - Gli occhi di Thanatos (Moretti&Vitali)

Nota biografica

Il giornalista e scrittore Paolo Barbieri inizia a scrivere per il quotidiano «Bresciaoggi» alla fine degli anni Settanta per poi passare alla redazione milanese dell’Agenzia Ansa, dove segue avvenimenti di cronaca e di politica nazionali e internazionali.
Appassionato di filosofia, nel 2010 fonda la rivista letteraria «QuiLibri», di cui è direttore editoriale. Ha collaborato con Corrado Augias alla trasmissione di Raitre «Telefono giallo» e con Maddalena Capalbi al coordinamento del laboratorio di Poesia della casa di reclusione di Bollate (MI). Nel 2003 pubblica il saggio sull’eccidio di piazza Fontana «La strage dai capelli bianchi» (Editori Riuniti) e nel 2016 i racconti filosofici «Gli occhi di Thanatos – E-mail sulla morte e dialoghi d’agosto» (Moretti & Vitali).

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